Imbolc:
la festa della luna crescente
Immagine tratta dalla pagina www.hetgoudenweb.nl/site/04gallerie/symbolyse/
Il Cerchio della Luna propone per ImBolc (Candelora)
una celebrazione aperta
La luce che è nata al Solstizio di Inverno comincia a manifestarsi
all’inizio del mese di febbraio: le giornate si allungano poco alla
volta e anche se la stagione invernale continua a mantenere la sua gelida
morsa, ci accorgiamo che qualcosa sta cambiando. Le genti antiche erano
molto più attente di noi ai mutamenti stagionali, anche per motivi
di sopravvivenza. Questo era il più difficile periodo dell’anno
poiché le riserve alimentari accumulate per l’inverno cominciavano
a scarseggiare. Pertanto, i segni che annunciavano il ritorno della primavera
erano accolti con uno stato d’animo che oggi, al riparo delle nostre
case riscaldate e ben fornite, facciamo fatica ad immaginare.
Se sovrapponiamo la Ruota dell’Anno al nostro moderno calendario,
la prima festa che incontriamo cade l’1 febbraio.
Presso i Celti l’1 febbraio era Imbolc (pronuncia Immol’c)
detta anche Oimelc o Imbolg. L’etimologia della parola è
controversa ma i significati rinviano tutti al senso profondo di questa
festa. Infatti Imbolc pare derivare da Imb-folc, cioè “grande
pioggia’ e in molte località dei paesi celtici questa data
è chiamata anche “Festa della Pioggia”: ciò
può riferirsi ai mutamenti climatici della stagione ma anche all’idea
di una lustrazione che purifica dalle impurità invernali.
Invece Oimelc significa “lattazione delle pecore” mentre Imbolg
vorrebbe dire ‘nel sacco” inteso nel senso di “nel grembo”
con riferimento simbolico al risveglio della Natura nel grembo della Madre
Terra e con un riferimento più materiale agli agnelli, nuova fonte
di cibo e di ricchezza, che la previdenza della Natura e degli allevatori
avrebbe fatto nascere all’inizio della buona stagione.
L’allattamento degli agnelli garantiva un rifornimento provvidenziale
di proteine. Il nuovo latte, il burro, il formaggio costituivano spesso
la differenza tra la vita e la morte per bambini e anziani nei freddi
giorni di febbraio.
Imbolc è una delle quattro feste celtiche, dette “feste del
fuoco” perché l’accensione rituale di fuochi e falò
ne costituiscono una caratteristica essenziale. In questa ricorrenza il
fuoco è però considerato sotto il suo aspetto di luce, questo
è infatti il periodo della luce crescente. Gli antichi Celti, consapevoli
dei sottili mutamenti di stagione come tutte le genti del passato, celebravano
in maniera adeguata questo tempo di risveglio della Natura. Non vi erano
grandi celebrazioni tribali in questo buio e freddo periodo dell’anno,
tuttavia le donne dei villaggi si radunavano per celebrare insieme la
Dea della Luce (le celebrazioni iniziavano la vigilia, perché per
i Celti ogni giorno iniziava all’imbrunire del giorno precedente).
Nell’Europa celtica era infatti onorata Brigit (conosciuta anche
come Brighid o Brigantia), dea del triplice fuoco; infatti era la patrona
dei fabbri, dei poeti e dei guaritori. Il suo nome deriva dalla radice
“breo” (fuoco): il fuoco della fucina si univa a quello dell’ispirazione
artistica e dell’energia guaritrice.
Brigit, figlia del Grande Dio Dagda e controparte celtica di Athena-Minerva,
è la conservatrice della tradizione, perché per gli antichi
Celti la poesia era un’arte sacra che trascendeva la semplice composizione
di versi e diventava magia, rito, personificazione della memoria ancestrale
delle popolazioni.
La capacità di lavorare i metalli era ritenuta anche essa una professione
magica e le figure di fabbri semi-divini si stagliano nelle mitologie
non solo europee ma anche extra-europee; l’alchimia medievale fu
l’ultima espressione tradizionale di questa concezione sacra della
metallurgia.
Sotto l’egida di Brigit erano anche i misteri druidici della guarigione,
e di questo sono testimonianza le numerose “sorgenti di Brigit”.
Diffuse un po’ ovunque nelle Isole Britanniche, alcune di esse hanno
preservato fino ad oggi numerose tradizioni circa le loro qualità
guaritrici. Ancora oggi, ai rami degli alberi che sorgono nelle loro vicinanze,
i contadini appendono strisce di stoffa o nastri a indicare le malattie
da cui vogliono essere guariti.
Sacri a Brigit erano la ruota del filatoio, la coppa e lo specchio. Lo
specchio è strumento di divinazione e simboleggia l’immagine
dell’Altro Mondo cui hanno accesso eroi e iniziati. La ruota del
filatoio è il centro ruotante del cosmo, il volgere della Ruota
dell’Anno e anche la ruota che fila i fili delle nostre vite. La
coppa è il grembo della Dea da cui tutte le cose nascono.
Cristianizzata come Santa Bridget o Bride, come viene chiamata familiarmente
in gaelico, essa venne ritenuta la miracolosa levatrice o madre adottiva
di Gesù Cristo e la sua festa si celebra appunto l’1 febbraio,
giorno di Santa Bridget o Là Fhéile Brfd.
Riguardo questa santa, di cui è tanto dubbia l’esistenza
storica quanto certa la sua derivazione pagana, si diceva che avesse il
potere di moltiplicare cibi e bevande per nutrire i poveri, potendo trasformare
in birra perfino l’acqua in cui si lavava!
A Santa Bridget fu consacrato il monastero irlandese di Kildare, dove
un fuoco in suo onore era mantenuto perpetuamente acceso da diciannove
monache. Ogni suora a turno vegliava sul fuoco per un’intera giornata
di un ciclo di venti giorni; quando giungeva il turno della diciannovesima
suora ella doveva pronunciare la formula rituale “Bridget proteggi
il tuo fuoco. Questa è la tua notte”. Il ventesimo giorno
si diceva fosse la stessa Bridget a tenere miracolosamente acceso il fuoco.
Il numero diciannove richiama il ciclo lunare metonico che si ripete identico
ogni diciannove anni solari.
Inutile ricordare come questa usanza ricordasse il collegio delle Vestali
che tenevano sempre acceso il sacro fuoco di vesta nell’antica Roma,
ma più probabilmente la devozione delle suore di Kildare si ricollega
alle Galliceniae, una leggendaria sorellanza di druidesse che sorvegliavano
gelosamente il loro recinto sacro dall’intrusione degli uomini e
i cui riti furono mantenuti attraverso molte generazioni.
Allo stesso modo, nel monastero di Kildare solo alle donne era concesso
di entrare nel recinto dove bruciava il fuoco, che veniva tenuto acceso
con mantici, come ricorda Geraldo di Cambria nel 120 secolo. Il fuoco
bruciò ininterrottamente dal tempo della leggendaria fondazione
del santuario, nel 60 secolo, fino al regno di Enrico VIII, quando la
Riforma protestante pose fine a questa devozione più pagana che
cattolica.
I riti di Brigit celebrati a Imbolc ci sono stati tramandati dal folklore
scozzese e irlandese.
Nelle Isole Ebridi (che forse devono il loro nome proprio a Brigit o Bride)
le donne dei villaggi si radunano insieme in qualche casa e fabbricano
un’ immagine dell’antica Dea, la vestono di bianco e pongono
un cristallo sulla posizione del cuore. In Scozia, la vigilia di Santa
Bridget le donne vestono un fascio di spighe di avena con abiti femminili
e lo depongono in una cesta, il “letto di Brid”, con a fianco
un bastone di forma fallica. Poi esse gridano tre volte “Brid è
venuta, Brid è benvenuta!”, indi lasciano bruciare torce
e candele vicino al “letto” tutta la notte.
Se la mattina dopo trovano l’impronta del bastone nelle ceneri del
focolare, ne traggono un presagio di prosperità per l’anno
a venire. Il significato di questa usanza è chiaro: le donne preparano
un luogo per accogliere la Dea e invitano allo stesso tempo il potere
fecondante maschile a unirsi a lei. Anche nell’isola di Man veniva
compiuta una cerimonia simile, chiamata Laa’l Breesley. Nell’Inghilterra
del Nord, terra dell’antica Brigantia, la ricorrenza veniva denominata
“Giorno delle Levatrici”.
In Irlanda, si preparano con giunchi e rametti le cosiddette croci di
Brigit, a quattro bracci uguali racchiusi in un cerchio, cioè la
figura della ruota solare (che è simbolo appropriato per una divinità
del fuoco e della luce); lo stesso giorno vengono bruciate le croci preparate
l’anno prima e conservate fino ad allora.La fabbricazione delle
croci di Brigit deriva forse da un’antica usanza precristiana collegata
alla preparazione dei semi di grano per la semina.
Questi oggetti simbolici, confezionati con materiale vegetale, ci ricordano
tra l’altro che la luce ed il calore sono indispensabili alla vegetazione
che si rinnova in continuazione, anno dopo anno. Le spighe di avena (o
grano, orzo, ecc.) usate per fabbricare le bambole di Brigit, provengono
dall’ultimo covone del raccolto dell’anno precedente. Questo
ultimo covone, in molte tradizioni europee è chiamato la Madre
del Grano (o dell’Orzo, dell’Avena, ecc.) e la bambola propiziatoria
confezionata con le sue spighe è la Fanciulla del Grano (o dell’Orzo,
dell’Avena, ecc.).Si credeva cioè che lo spirito del cereale
o la stessa Dea del Grano risiedesse nell’ultimo covone mietuto:
come le spighe del vecchio raccolto sono il seme di quello successivo,
così la vecchia divinità dell’autunno e dell’inverno
si trasformava nella giovane Dea della primavera, in quella infinita catena
di immortalità che è il ciclo di nascita, morte e rinascita.
E Brigit rappresenta appunto la giovane Dea della primavera.
Un antico codice irlandese, il Libro di Lisrnore, riporta una curiosa
leggenda. Si narra che a Roma i ragazzi usavano giocare ad un gioco da
tavolo in cui una vecchia megera liberava un drago mentre dall’altra
parte una giovane fanciulla lasciava libero un agnello che sconfiggeva
il drago. La megera allora scagliava un leone contro la fanciulla, la
quale però provocava a sua volta una grandine che abbatteva il
leone. Papa Bonifacio, dopo aver interrogato i ragazzi e aver saputo che
il gioco era stato insegnato loro dalla Sibilla, lo proibì.
La megera non è altro che la Vecchia Dea dell’Inverno sconfitta
dalla Giovane Dea della Primavera. Essendo questa leggenda stata raccolta
in un ambito culturale celtico, si può supporre che la Vecchia
altri non era che la Cailleach a cui si contrappone Brigit. Il riferimento
all’agnello è un altro simbolo del periodo di Imbolc, anche
se i commentatori medievali lo considerarono l’emblema di Gesù
Cristo.
In realtà è la Vecchia Dea che si rinnova trasformandosi
in Giovane Dea, così come il Vecchio Grano diviene il nuovo raccolto.
I Carmina Gadelica, una raccolta di miti, proverbi e poemi gaelici di
Scozia, raccolti e trascritti alla fine dell’800 dal folklorista
scozzese Alexander Carmichael, riportano la seguente filastrocca:
“La mattina del Giorno di Bride
Il serpente uscirà fuori dalla tana
Non molesterò il serpente
Né il serpente molesterà me”
Il serpente appare come uno degli animali-totem di Brigit. In molte culture
il serpente o drago è simbolo dello spirito della terra e delle
forze naturali di crescita, decadimento e rinnovamento. Nel giorno di
Bride il serpente si risveglia dal suo sonno invernale e i contadini ne
traevano il presagio della fine imminente della cattiva stagione. Il serpente
è uno dei molti aspetti dell’antica Dea della terra: la muta
della sua pelle simboleggia il rinnovamento della Natura e anche la sua
dualità Infatti in gaelico “neamh” (cielo) è
simile a “naimh” (veleno), provenendo entrambi dalla radice
“nem”. La Vecchia Dea e la Giovane Dea sono la stessa persona!
(nelle fiabe l’eroe che coraggiosamente bacia una vecchia megera
si ritrova di fronte una bellissima fanciulla...)
In un’altra area culturale europea, nell’antica Roma, i primi
giorni di febbraio erano sacri alla dea Februa o a Giunone Februata. “Februare”
in latino significa purificare, quindi febbraio è il mese delle
purificazioni (anche la febbre è un modo di purificarsi usato dal
nostro corpo!).
Processioni in onore di Februa percorrevano la città con fiaccole
accese, simbolo di luce e allo stesso tempo, di purificazione.
Un’altra usanza, legata anche a rituali di fertilità erano
i Lupercali: i Luperci, sacerdoti di Fauno, correvano per le strade vestiti
solo con una pelle di capra e con una frusta (anche essa fabbricata con
strisce di pelle di capra) con la quale battevano le giovani spose per
propiziarne la fertilità (e quindi la capacità di partorire).
La Chiesa, per combattere queste usanze, istituì processioni con
candele, alle quali a partire dall’11° secolo aggiunse la benedizione
delle candele per gli altari. Col nome di Candelora o Candlemas (nei paesi
anglosassoni) è nota la festa cristiana del 2 febbraio, denominata
“Presentazione del Signore al Tempio”. Ma è evidente
che la nuova religione non ha potuto modificare il significato autentico
della festa, un significato che è profondamente incarnato nella
Natura e nello spirito umano.
Il legame della festa con le candele, la purificazione e l’infanzia,
sopravvisse nell’usanza medievale di condurre le donne in chiesa
dopo il parto a portare candele accese.
L’idea di una purificazione rituale in questo periodo è rimasta
forte nel folklore europeo. Ad esempio le decorazioni vegetali natalizie
vengono messe da parte e bruciate alla Candelora per evitare che i folletti
che in esse si sono nascosti infestino le case.
Il concetto di purificazione è presupposto di una nuova vita: si
eliminano le impurità del passato per far posto alle cose nuove.
Alcuni gruppi neopagani europei festeggiano Imbolc accendendo candele
che sporgono da una bacinella di acqua. Il significato è quello
della luce della nuova vita che emerge dalle acque del grembo materno,
le acque lustrali di Imbolc che lavano via le scorie invernali. Un antico
detto celtico ricordava come fosse una buona cosa lavarsi mani e viso
a Imbolc!
La pianta sacra di Imbolc è il bucaneve. E’ il primo fiore
dell’anno a sbocciare e il suo colore bianco ricorda allo stesso
tempo la purezza della Giovane Dea e il latte che nutre gli agnelli.
Celebrare Imbolc
Fisicamente è opportuno praticare una dieta più leggera,
dopo che i banchetti delle feste invernali e la forzata sedentarietà
trascorsa al chiuso delle nostre case, hanno appesantito il nostro fisico.
Possiamo anche decidere di fare una bella pulizia in casa! E’ utile
purificare la nostra casa e il nostro corpo con il fumo dell’incenso:
vanno benissimo anche i bastoncini di incenso profumati che si trovano
ovunque in commercio. Scegliamo pure l’aroma che ci piace di più
e lasciamo che il fumo sottile pulisca i nostri corpi energetici.
Psicologicamente è il momento di purificare la nostra mente dai
cattivi pensieri e dai sentimenti inadeguati. Una bella pulizia mentale,
che ci consenta di fare entrare in noi la luce della Natura rinnovata
e di partecipare al risveglio del cosmo dalla lunga notte invernale.
Spiritualmente può essere utile la celebrazione di piccoli rituali
legati ai simboli della festa.
Un rituale molto semplice può essere quello di accendere una candela
bianca (colore di purificazione) dicendo “Accendo la fiamma di Brigit
per illuminare il cammino della mia vita”.
Si mediti per un po’ di tempo sui significati della festa: sul nostro
bisogno di purificazione, sulla necessità di abbandonare cose e
aspetti della nostra vita che non ci piacciono più, sulle nuove
cose che vogliamo portare nelle nostre esistenze.
Poi si porti la candela accesa nelle varie stanze della nostra abitazione,
facendo il giro degli ambienti in senso orario (magicamente è la
direzione propizia, che porta energia). Alla fine si spenga la candela
dicendo “Spengo la fiamma di Brigit per farla vivere in me”
e si visualizzi la luce della candela che entra in noi.
Se si vuole compiere qualcosa di più tradizionale, gli uomini possono
uscire dopo l’imbrunire della vigilia di Imbolc, per andare a raccogliere
un dono per Brigit (pietra, conchiglia, penna di uccello) da riportare
in casa. Le donne invece possono trascorrere la vigilia di Imbolc pulendo
la casa e immaginando di ramazzare via le energie morte dell’inverno:
la Vecchia dell’Inverno è cacciata fuori dall’uscio
di casa con la scopa.
Poi, sempre le donne, con rametti raccolti in precedenza preparano un
letto per Brigit dove depongono una bambola fabbricata con spighe tenute
da parte per l’occasione, e danno il benvenuto alla Dea accendendo
una candela bianca e meditando sulla nuova vita che sta tornando.
Anche gli uomini, ritornati in casa con il dono per Brigit possono accendere
una candela bianca e meditare sul ritorno della luce e della buona stagione.
Un rituale invece più complesso, che possono eseguire tutti, consiste
nel procurarsi tre candele (sempre di colore bianco!), e disporle in un
triangolo, con la punta rivolta verso nord. Nel centro del triangolo così
disposto si pone un calice di acqua (simbolo della purificazione) o di
latte (simbolo del nutrimento della nuova vita).
Dopo un breve rilassamento, seduti o in piedi, ci si muove verso la candela
a nord, la si accende e si dice “Signora dell’Inverno, ti
dico addio, la tua stagione è terminata”. Si visualizzi il
gelido potere dell’inverno che si allontana. Dopo avere sostato
un po’, ci si sposta alla candela di sud-est, la si accende e si
dice “Signora della Primavera, ti offro un caloroso benvenuto, la
terra è il tuo letto”. Si visualizzi il gioioso potere della
primavera che si avvicina. Dopo un po’ si va alla candela di sud-ovest,
la si accende e si dice “Signora dell’Estate, presto io ti
chiamerò e risveglierò il tuo amante”. Si visualizzi
il potere ancora lontano della bella stagione, desideroso di nascere e
pulsante di vita nel sottosuolo.
Quando ci si sente pronti, si va al centro del triangolo, si raccoglie
il calice e si dice “Io bevo il potere della Triplice Dea. Possa
questo potere diffondersi su tutta la terra per segnare la nascita della
primavera”. Si beve dal calice e si immagina il potere che fluisce
in noi, attraverso di noi per risvegliare la Natura. A questo punto si
può inserire qualche usanza ricordata in precedenza, cioè
la fabbricazione del letto di Brigit o l’arsione delle decorazione
vegetali delle feste invernali. Oppure si può semplicemente concludere
la cerimonia andando a ciascuna delle candele, nell’ordine in cui
sono state accese: si spengono dicendo mentalmente o ad alta voce “Va’
fuoco e caccia l’inverno, riscalda la terra e risveglia la primavera”.
Ovviamente in tutti questi piccoli rituali le parole delle formule possono
essere adattate e se lo desideriamo, possiamo utilizzare brevi frasi che
noi stessi avremo composto, secondo le nostre capacità e la nostra
sensibilità.
Tratto da: Roberto Fattore. Feste Pagane,
scaricabile all’indirizzo www.artewicca.it/zipfile/Ruota%20dell'anno.doc
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