Astrologia Evolutiva
Un percorso di autoconoscenza incentrato sull'anima


Viaggio mitologico attraverso i dodici segni dello Zodiaco - seconda parte
di Manuela Caregnato



I simboli e gli archetipi sono immagini la cui forza trascende la coscienza ed ancor più la razionalità, poiché essi sono un magico mistero che appartiene all’inconscio collettivo e quindi alla realtà psichica di ogni uomo.
L’astrologia, scienza umanistica per eccellenza, è a sua volta ricca di tutte le attribuzioni simbologiche e mitologiche cui fanno riferimento i dodici segni zodiacali ed i relativi pianeti.

Leggendoli ci si rende conto innanzittutto che essi parlano di noi, della storia della nostra vita, che è uguale alla storia di milioni di altri che ci hanno preceduto e che seguiranno.
La lettura dei miti in chiave astrologica e psicologica ci dà inoltre importanti spunti di riflessione e di comprensione della nostra profonda natura, poiché ognuno di noi incarna metaforicamente un mito, che è dato dal segno di appartenenza, e come tale ci parla del progetto del nostro Sole.

(vai alla prima parte)

Leone

Leone è per eccellenza il segno della ricerca della propria identità.
C.G. Jung chiamò questa ricerca del sè “processo d’individuazione”, ossia il processo per cui un uomo diventa sè stesso, l’essenza intima della personalità, un viaggio che dura tutta la vita, viaggio che è il sentiero basilare dell’animo umano per scoprire il significato del proprio segno solare, qualunque esso sia.
La leggenda medioevale di Percival e il Santo Graal ha origini nella mitologia celtica di Parzival e la Pietra Filosofale e personifica l’eroe che più si avvicina al segno del Leone ed alla ricerca del Sè. L’eroe nasce orfano di padre e cresce in un bosco con la madre. Egli non conosce le proprie origini perchè la madre, temendo che la lasci e se ne vada per il mondo, fa in modo che non le scopra. Ma un giorno vedendo una schiera di cavalieri nel bosco, spinto dal fascino della nobiltà delle armature e dalla loro cortesia, decide di unirsi a loro con immenso dispiacere della madre che muore dal dolore. Il padre dunque è assente ed il bambino deve andare alla ricerca di quel principio paterno sotto forma di avventure. Il mito ci porta attraverso le sue avventure sino al sogno di una cerimonia e di una donna che porta con sè un vassoio con il Santo Graal, nella cristianità di Percival, o meglio la Pietra Filosofale dell’alchimia simbolo dell’eterno sè, nella storia originale.
Scopo della cerimonia sognata era che ponesse la domanda magica che avrebbe guarito il vecchio Re malato, e fatto conquistare al Parzival la vergine ed il castello del Graal, ma Parzival rimase muto per l’insegnamento materno di non domandare alcunchè agli estranei. Risvegliatosi dalla sua visione impegò un processo di maturazione di vent’anni nella ricerca del castello del Graal e diventato eroe e vero uomo ritrovò il castello. Qui trovò il Re malato, a capo di un regno sterile, che non dava più frutti. Il vecchio re non poteva più aiutare il suo popolo, spettava ora al giovane superare la prova. Come nel sogno comparve la dama con il sacro Graal sul vassoio d’argento, ma questa volta il giovane eroe pose la domanda fatale. Subito il re guarì, confessò di essere suo nonno e che il regno aspettava proprio lui per essere salvato.
Il mito del Leone è dunque legato alla ricerca di questo padre interiore, che è la fonte benigna della vita creativa. Ma l’eroe non potrà tenere la conquista solo per sé, poiché in questo caso resterebbe vittima del potere che ha ottenuto; l’elisir o il tesoro sono “beni” che appartengono all’intera umanità, perché simboleggiano la consapevolezza che si trova nell’inconscio collettivo da cui solo i migliori - gli eroi - possono attingere, poiché dotati di quelle qualità che servono a superare le prove che trovano nel cammino. Alla fine dell’impresa gli eroi devono far partecipi tutti della loro impresa – unico modo per cui il regno possa salvarsi e fondare la sua dinastia. Solo allora la luce del Sole in Leone potrà irradiare il suo calore sul mondo.

Vergine

Se il mito del Leone è incentrato sulla dinamica padre-figlio, nel destino della Vergine si riflette molto la storia della madre e della figlia, il paradosso dell’essere donna come vergine e come madre.
Persefone è l’archetipo verginale, è l’esteriorità della vita e, nel rapporto con la madre Demetra, déa delle messi, ricorda il mondo innocente dell’infanzia nel quale non c’è ancora separazione, conflitto e paura. Passeggiando con la madre, Persefone attende ignara l’avvento delle responsabilità e della vita adulta. Dunque Persefone nel prato coglie un fiore che Ade ha piantato per ammaliarla e subito si spalancano per lei le porte delle tenebre: viene strappata a Demetra e costretta a soggiacere con il dio degl’inferi. Demetra per nove giorni impazzisce finchè Selene la ferma e le consiglia di andare da Ecate, che le spiega che Ade, suo fratello, l’ha rapita.
Demetra, arrabbiata e angosciata inizia a vagare per il mondo per cercare di soffocare la sua disperazione e giunge ad Eleusi, ma intanto la terra non dà più frutto alcuno e i mortali implorano gli Dei di porre fine a questa carestia. Alla fine Zeus manda Hermes a riprenderla. La trova sul trono di Ade, suo sposo, regina potente del regno degli inferi, del mistero e dell’incoscio. Ade acconsente a lasciarla andare a patto che mangi il frutto del melograno. Persefone torna su ma avendo mangiato i semi del melograno, Zeus stabilisce che dovrà passare tanti mesi nell’Ade quanti semi ha mangiato. Fu così che Demetra decretò che nei sei mesi che Persefone passerà nel regno dei morti, nel mondo calerà il freddo e la natura smetterà di produrre, addormentata, dando origine all'autunno e all'inverno, mentre nei restanti sei mesi la terra rifiorirà, dando origine alla primavera e all'estate.
Ma intanto il frutto del rapporto si concretizza in Dioniso, controparte passionale di ciascuno di noi. In questo mito è espresso il sacrificio che la figlia deve compiere per poter diventare madre, l’essere madre e amante pur conservando interiormente la propria integrità.
Originariamente infatti la parola vergine indicava una donna nubile, senza riferimento a parti anatomiche inviolate, Virgo nel senso della donna autosufficiente, indipendente, che non deve dipendere da un marito. Questa è la rappresentazione della dea vergine Artemide ritratta con cinquanta mammelle per mostrare che essa rappresenta la nutrice che dà vita a tutto. La Dea governava da sola, autosufficiente e poteva considerarsi la consorte di tutto ciò che è vivo, perciò il significato del segno è anche la psiche padrona di sè, l’individuo integrato in sè stesso che può dare liberamente senza paura di perdersi nell’altro, senza temere relazioni che lo dominino o lo distruggano. Come sesto segno dello zodiaco la Vergine riguarda la sintesi reale delle esperienze dei primi cinque stadi dell’esperienza individuale: la capacità d’imporsi dell’Ariete, la costruzione della stabilità del Toro, la curiosità e la comunicazione dei Gemelli, il radicamento del Cancro e la creatività del Leone. Spesso la vita della Vergine si dibatte tra il bisogno di indipendenza e quello di avere una vita famigliare, tra il bisogno di spiritualità e quello di moralismo, nel tentativo di integrare le due parti dentro di sé. La soluzione di una simile scissione sta proprio nel frutto del rapporto tra Persefone ed Ade, Dioniso. Lo smodato Dio della vite, dell’ebbrezza e dell’estasi rappresenta proprio quella parte irrazionale e trasgressiva che c’è in ognuno di noi, con cui la Vergine più di altri deve fare i conti.

Bilancia

Esattamente come la Vergine, anche la Bilancia prova un senso di sdegno profondo di fronte alla violazione delle regole. Tuttavia la Bilancia sembra proiettare maggiormente questa visione della giustizia nella vita esteriore. In questo senso la Dea che meglio rappresenta questo segno è l’Atena greca, personificazione della legge, della verità e dell’ordine sociale. Bilancia è un segno particolarmente orientato verso “il bene, la verità e la bellezza” (per dirla con Platone) e come tale incarna l’armonia, la musicalità e la grazia di Afrodite, Dea dell'amore.
Ma più delle Dee contribuiscono a comprendere la polarità dell’intima natura del segno le figure mitologiche di Paride e Tiresia.
Paride, figlio di Priamo re di Troia, vista la sua capacità di giudizio e di relazionarsi con il sesso femminile, vine scelto da Zeus per giudicare quale tra le dée Era, Atena ed Afrodite, sia la più bella premiandola con il famoso pomo dorato.
Da buon Bilancia avrebbe diviso il pomo in tre parti per non attirarsi le ire delle due perdenti, ma il bel Paride è costretto a scegliere. Atena gli promette vittoria in tutte le battaglie, ma Paride non è un Ariete, Era gli offre il dominio sull’Asia, ma Paride non è un Capricorno e non vuole responsabilità. Ecco che Afrodite gli promette l’amore di Elena, la donna più bella del mondo e moglie di Menelao, re di Micene. Consegnato senza indugio il pomo dorato ad Afrodite, si attira inevitabilmente addosso le ire delle altre due. Innamoratosi di Elena e contraccambiato, i due si rifugiano nella città di Troia causandone la guerra vendicativa e la distruzione da parte dei greci.
Dunque a Paride viene imposta una scelta basata su valori personali ed etici, una scelta che comporta indecisione e difficoltà e che gli fa fare una brutta fine. Tiresia invece mostra il lato interiore del simbolo. Egli è un profeta, che con il favore della dea Era, ha l’opportunità di osservare l’accoppiamento di due serpenti nel bosco sacro della dea ed incuriosito di quale dei due serpenti provasse più piacere, riceve da Lei l’opportunità di vivere alcuni anni come donna per sperimentarne il ruolo. Ritornato alla forma maschile e chiamato alla corte di Zeus ed Era, gli viene chiesto in quale dei due ruoli avesse provato più piacere. Tiresia risponde: “la femmina”, offendendo la vanità maschile di Zeus e suscitandone l’ira al punto da essere reso cieco. Ma nei miti greci la cecità è simbolo di vista interiore e così Tiresia, acquistando la visione interiore, diventa un profeta capace di visione intuitiva diretta all’interno, in direzione di sé.
In qualche modo sembra che Paride rappresenti l’immagine dell’individuo Bilancia in gioventù, mentre Tiresia da adulto. Il problema della scelta è una costante della vita in questo segno e la famosa indecisione pare sia legata non tanto all’incapacità di fare una scelta quanto alla paura delle conseguenze che tale scelta inevitabilmente comporta. La Bilancia è un segno legato alla VALUTAZIONE, che significa stabilire il valore che noi diamo a ciò che ci circonda, e di conseguenza attrarre a sé ciò a cui si dà valore. La Bilancia ci porta a riflettere sul fatto che a noi non è dato avere tutto.

Scorpione

Scorpione è il segno dominato da Plutone, dio degli inferi, qualcosa che ha a che fare con la nostra parte nascosta, l’inconscio, gli istinti, le pulsioni.
Nell’antica Astrologia egiziana, caldea ed ebraica, il mito dello Scorpione era rappresentato dal serpente, animale solitario per natura, velenoso ma non aggressivo, che attacca solo per difendesi, capace di cambiare ciclicamente pelle, considerato immortale e capace di un costante auto-rinnovamento: la distruzione finale cui segue sempre la rinascita.
Il serpente è simbolo della saggezza della terra, di cui conosce la vita segreta, ed è il Diavolo tentatore di Eva secondo la Bibbia. Luce e Ombra si confrontano nello Scorpione, gli estremi nel bene e nel male.
La lotta contro il Drago (cugino diretto del serpente) sembra essere il tema costante del segno, che più di altri deve necessariamente confrontarsi con la sua parte oscura (le pulsioni istintive, il desiderio di potere, i rancori), per poter operare la sua trasformazione, proprio come Ercole affronta l’Idra nell’ottava delle sue dodici fatiche. L’Idra è una bestia serpentiforme con nove teste, cui se ne viene tagliata una ne ricrescono altre tre, sino a che Ercole capisce che deve sollevarla dalla grotta in cui si trova per mostrarle la luce. A quel punto essa avvizzisce e muore, tranne una testa che è immortale e contiene il prezioso gioiello del Sè.
Ma il mito che meglio rappresenta l’energia di questo complesso e affascinante segno è quello di Perseo e Medusa.
Medusa è una Gorgone un tempo bellissima, finchè si accoppia con Poseidone in uno dei templi di Atena. Questa, offesa per l’oltraggio, la trasforma in un mostro dalla chioma fatta di serpenti, il cui sguardo pieno di odio e rancore paralizza chiunque la guardi. All’eroe Perseo, figlio di Zeus, viene chiesto di affrontare questo mostro, che come in tutti i miti, è solo l’altro aspetto di un’unica entità.
Nel compiere l’impresa viene aiutato da Atena, che gli dona uno scudo scintillante e lo avverte di non guardare mai Medusa direttamente negli occhi ma di osservarne solo l’immagine riflessa nello specchio, e da Hermes che gli fa dono di una falce adamantina. Con questi strumenti l’eroe riesce a decapitare la Gorgone, dal cui collo esce il cavallo alato Pegaso, concepito con Poseidone, ma che a causa del suo odio non era capace di dare alla luce.
Appare evidente come si può rimanere in balia delle proprie paure inconsce che, come nell’incrociare lo sguardo di Medusa, possono essere superate solo attraverso la riflessione allo specchio, liberando in tal modo sé stesso come Pegaso, il cavallo alato che rappresenta il ponte tra gli opposti, una creatura terrena capace di ascendere nel regno spirituale.
Allo stesso modo lo Scorpione deve affrontare la sua distruttività per poter accedere alla sua parte più elevata.

Fine seconda parte (vai alla terza parte)

Fonti:
"Astrologia e mito" - Sicuteri



 

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