La Grande Dea
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Le Quattro Forme dell'Antica Dea
Di Anna Pirera, riflessioni su un testo di Luciana Percovich*


La Dea assisa sul trono di Catal Huyuk, 6.000 a.C.

All'inizio era la Dea
Ricercare notizie sulla Grande Dea è un modo, per me come per molte di noi, di indagare la nostra identità.
Nel nostro guardare indietro, lontano nel tempo, cerchiamo di guardare più profondamente in noi stesse e la forma che recentemente hanno preso gli studi archeologici con il lavoro di molte donne, la forma della mito-archeologia, dell'unione di archeologia e mito attraverso le ere è per me incomparabilmente affascinante. E mi accorgo che sempre più numerose sono le mie compagne di viaggio.
Nel segno di questa ricerca vi propongo qui le quattro forme dell'Antica Dea individuate dalla Gimbutas e sintetizzate da Luciana Percovich.
E le propongo in una forma che è anche un racconto e in quanto tale sono consapevole che altre ricerche, altre autrici, altri punti di vista potrebbero raccontare una storia anche molto diversa **

Dal Paleolitico al Nolitico il culto della Dea diffuso fra Europa, Medierraneo, Medio Oriente e India si sviluppa lungo quattro forme, quattro figure o funzioni cui sono associati segni, simboli ed iconografie chiaramente differenziate, come mostrano gli studi di Marija Gimbutas.

La descrizione quadripartita della figura della Dea rende conto dello sviluppo storico della Grande Madre, dal Paleolitico in cui una sola forma sembra dominare in luoghi anche molto distanti fra loro al Neolitico in cui gli sconvolgimenti sociali e razziali determinati dalle invasioni di popolazioni di razza diversa, armate, composte da guerrieri a cavallo, portano ad una evoluzione, ad una differenziazione e ad una riflessione-comprensione della morte, della morte violenta e della rigenerazione; la morte che diventa ora centrale come fenomeno appartenente alla natura e anche come fenomeno da ricondurre nella natura a differenza del periodo precedente. Caratteristica infatti dell'epoca Neolitica è il farsi strada del "pensiero, quasi un'ossessione, della morte" che si sviluppa lungo linee, come vedremo fra poco, che ne differenziano livelli ed aspetti.

Ma vediamo ora nel dettaglio le quattro forme individuate dalla Gimbutas:

Fase Paleolitica e poi Neolitica: La Dea Madre, Dispensatrice di Vita

  Nota a tutti noi nella figura tipica della Dea gravida delle cosidette Veneri.

Sono immagini scolpite nella pietra, o nell'osso, generalmente oggetti mobili di piccole dimensioni con le gambe rastremate, in modo da poter essere piantate nel terreno. Datano dal 30.000 a.C. circa in poi e ne sono state trovate centinaia nei diversi scavi archeologici. Gli elementi caratteristici sono curve e rotondità: i seni in rilievo, i glutei, il ventre gravido e la vulva (come nella Venere di Lespugue, qui raffigurata). Spesso la Dea è colegata ad animali simbolici quali l'orsa, la cerva, il daino, il bisonte con le sue corna e la giumenta. E' dunque la Dea generatrice di tutte le cose.

Dominante è qui l'elemento acqua, "a indicare che la credenza prevalente era che tutta la vita viene dall'acqua" infatti ad essa vengono associati simboli acquatici, come lo zig-zag, linee ondulate o serpentine.

La Dea della Vita continua ad essere raffigurata - chiamata a vivere - lungo i millenni successivi con le stesse caratterstiche.
L'abbondanza delle forme si trova ancora nella sua piena maestà nella Dea del Parto di Catal Huyuk, che apre questa pagina.
Per tutto il Neolitico sono diffussime le statuette di dee con le braccia che reggono i seni, da cui naturalmente sgorga il latte, nutrimento di VIta, come la Ishtar- Inanna raffigurata qui a fianco.

La Dea come fonte di Nutrimento e Vita si evolve poi in seguito anche nelle figure della Dea Madre con figlio in braccio, tipica ad esempio di Iside e prototipo della seguente Madonna con Bambino.

Fra gli animali che accompagnano la Dea ha avuto particolare importanza e fortuna nel tempo la Vacca Celeste o Mucca Sacra, che fra le altre forme ha preso quella di dea Hathor nell'antico Egitto, e il cui culto è ancora vivo e presente in India, dove le mucche anche oggi sono venerate e rispettate come incarnazioni della Madre.

La Madre Antica è Una, Generatrice del Tutto e come tale anche inesauribile, costante. Un riferimento che senza variazioni marcate che attraversa secoli, millenni, uguale a se stessa, continuità di una visione del mondo che si trasmette di madre in figlia, di sacerdotessa in sacerdotessa, nello scorrere di tempi lunghi, costanti. E' indubitabile e immutabile come l'eterna. Ha uno sguardo uguale per tutto, è generosa e imparziale.
Di lei non abbiamo racconti. Forse non ha storia, non ha miti di cui sia protagonista, "è" senza necessitò di agire. Emana, più che fare, genera per il solo fatto di essere.

In un secondo tempo, nella fase Neolitica, alla Dea nella sua forma di pura generazione, si affianca la Dea Madre nella forma che poi è giunta a noi:

"Iside seduta, che tiene sulle ginocchia il figlio, segna il definitivo passaggio dal simbolo steatopigio del corpo femminile, espressione della potenza creatrice allo stato puro (gravidanza, incubazione, farsi energetico e nascosto nel grembo/forno), al simbolo della maternità, dove il prodotto è venuto alla luce, ha preso le sembianze del figlio maschio che si è in-sediato sul suo grembo, che tra poco si trasformerà in astratto trono, su cui il potere maschile potrà sedersi da solo. Ed è questa diade madre/figlio che arriva direttamente a noi attraverso le figure della Madonna con figlio in braccio, ancora oggi l'immagine 'sacra' più comune, perché ancora viviamo in quell'aura culturale."

La Dea Una è ora relazione, è madre di, accoglienza e nutrimento e l'uomo si percepisce figlio, tenuto in braccio, e la donna può essere figlia, o madre. La Dea entra nel visibile, nel manifesto.


Fase Neolitica: le Dee del Rinnovamento, della Morte e dello Sviluppo

Con il Neolitico siamo entrati in un altro momento della storia delle civiltà, un periodo storico di qualche millennio in cui avvengono molti cambiamenti radicali. La figura della Dea si arriccchisce di funzioni, volti e differenziazioni. La vita agricola e l'incontro con la guerra, la violenza e il predominio maschile di cui i popoli invasori sono portatori portano al confronto, a volte brutale, con la morte. La riflessione profonda sulla morte porta a scoprirne aspetti diversi. E porta la Dea al movimento, alla trasformazione, alle storie (e alla Storia). E la Dea entra nel mondo del fare, pur mantenendo la sua origine nell'essere.

La Dea Ctonia della Terra che si Rinnova

Entriamo nel "neolitico agricolo e sedentario, che sviluppa l'arte della ceramica. La madre ora è snella, e le sue storie si combinano con quelle delle prime forme maschili del Dio, rappresentato come spirito della vegetazione che ciclicamente nasce e muore...
Connesso col ciclo dell'agricoltura, cioè all'alternarsi della stagione senza messi, della semina, della rinascita e del raccolto, prende piede un'immagine ctonia della divinità, nascosta, quella della Dea della vegetazione che si nasconde sottoterra, dove la vita cova, non vista, per poi riemergere. Questa visione è all'origine di diversi miti, da Inanna/Ereshkigal a Persefone e Core, fino alla morte e resurrezione di Cristo.
Il figlio generato dalla madre è come la vegetazione prodotta dalla madre ctonia, da cui, per la Gimbutas, le prime rappresentazioni sacre del maschile....che poi diventerà il "re per un anno" che, alla fine del ciclo, deve essere sostituito - o rigenerato - per garantire nuove messi."

Siamo dunque in quel mondo di pensiero che produrrà la figura in Egitto del re-faraone, figlio di Horus-Horus egli stesso (figlio della Dea Iside) che è garante con la bontà del suo operare della piena feconda del Nilo.

E siamo nel mondo delle storie, dei miti. In questa, più che in altre forme della Dea, a contare è il racconto, spesso lungo e complesso, mentre le figure, le statue, le ceramiche e i bassorilievi, ci 'parlano' poco.
E' anche, del resto, l'epoca delle grandi cosmogonie, in cui la creazione del mondo ha luogo attraverso più stadi, con l'intervento di molte figure e dei e dee. Cosmogonie che talvolta recano traccia dei venti di guerra che hanno travolto paesi e popolazioni, come nel caso di quella babilonese, in cui il giovane Dio dà 'creazione' al mondo smembrando il corpo della Grande Dea Tiamat (!).



La Dea della Morte e della Rigenerazione

"Alla fine del neolitico, nell'età del rame, quasi ormai nell'età del ferro, quando arrivano gli Indoeuropei compare una nuova associazione di animale con la Dea, quella dell'avvoltoio"
Per la Percovich "è un passaggio ulteriore, in cui si fa strada una formulazione più astratta, più separata dalla naturalità del ciclo della terra."
O forse è figlia di un incontro molto concreto con un diverso tipo di morte, una morte che è violenza e dominio e non più evento interno al ciclo della natura. Una morte che ora è un punto interrogativo da comprendere e da riportare, con riti e sepolture, nel ciclo della natura.
La morte non è più 'ovvia' e diventerà l'ossessione per molti popoli, e per alcuni, come quello egizio, un'ossessione per la possibilità di 'dirigere' il viaggio oltre la morte.

E la Dea della morte si sviluppa in tre linee principali:

Da un lato la "Dea della Morte annuncia la morte, come passaggio per una nuova rigenerazione. Avvoltoio e corvo...e la più esplicita connessione tra l'avvoltoio e la morte era già raffigurata nelle pitture parietali dei santuari di Catal Huyuk..."

"...altro simbolo ricorrente, la Dea civetta, anche questa frequentissima: la civetta è un uccello notturno, il cui canto che turba il silenzio della notte era ritenuto un annuncio di morte."

La Dea annuncia la morte, protegge il viaggio nell'aldilà come testimonia la sua presenza, alata, all'interno dei sarcofaghi egizi. Non è una Dea che porta la morte, pittosto la preannuncia, rappresentandola, oppure scorta, accompagna, nel viaggio oltre.

Nelle tombe si ritrovano statuette di Dee magre, rigide, schematiche, dagli occhi rotondi, bianche. Dee della morte che personoficano la morte, ne trasmettono l'energia, la natura. Una morte, verrebbe da dire ,"morta", che non dà segno di eventuale futuro rinnovamento, non di vita, perlomeno. Se rinnovamento ci sarà. sarà su altri piani, a raggiungere le stelle, come per gli egizi, appunto.

 


Da un altro lato "associate con la Dea compaiono ora le zanne di cinghiale, che hanno il potere di uccidere, perchè il cinghiale è uno degli animali pericolosi, uno degli animali che uccidono: Osiride viene ucciso da un cinghiale così come Attis."

"Si sviluppa la raffigurazione della Dea della Morte, che ha bocca larga, zanne e talvolta la lingua pendula, come nelle Gorgoni greche, che erano simboli terrificanti e avevano il potere di trasformare gli uomini in pietre... forse i simboli della Gorgone e della Medusa furono elaborati in risposta all'impatto dei guerrieri a cavallo venuti dalle terre di nordest: quando Teseo tagliò la testa della Medusa, crollò una delle ultime difese dell'antica visione del mondo."

E' la Dea che dà la morte, terribile, talvolta ancora alata, spesso con denti di cinghiale, quella Dea assetata di sangue che è ancora viva oggi nella figura di Kali in India. E', forse, la Dea furiosa per gli oltraggi subiti, per la violenza entrata prepotentemente nel vissuto di popolazioni dall'indole pacifica, la Dea che giunge alla sua forma di furia estrema, come nel caso di Kali, appunto, per frontegggiare nemici troppo forti.


Da ultimo la Dea della morte prende la forma del Grande Corpo della Dea, in cui è possibile tornare con la morte, e in cui i corpi vengono sepolti. Si tratta delle innumerevoli forme di sepolture in cui viene ricostruito un ventre dove i morti vengono deposti.

"I templi megalitici di Malta (3.000 a.C.), le tombe a corridioio... sotterranee, a volte scavate dentro una lieve collina... spesso intorno alla collina scorre un torrente, e in cima alla collina è posta una pietra, l'ombelico... "

 

La Dea come Energia e Sviluppo

Per la Percovich è una formulazione più astratta e spirituale della Dea come Dea della Nascita e della Morte, anche se, anche qui, appaiono a mio parere segni concreti di potere e dominio che rimandano a funzioni anche terrene.

Fra i simboli, troviamo "corni o falci di luna, che molto spesso sono interscambiabili, semicerchi a u, ganci, asce, itifalli... e naturalmente l'immagine del serpente ripetuta infinite volte: spirali e serpente a confondersi una nell'altro..." Come nella Dea serpernte cretese, raffigurata qui accanto.

"Poi ancora vortici e croci, tutti segni che indicano il dinamismo della natura. Lo chevron, cié la v doppia, una v dentro l'altra, le x, il triangolo, sia con la punta in su che con la punta in giù, il rombo, l'occhio, anche la forma stilizzata delle mammelle, la zampa di uccello sono simboli assai frequenti sul vaselllame, sulle ceramiche e sono tutti interpretati come simboli del dinamismo della natura, associati con l'acqua o con le forme in movimento, simbolo di energia."

Una categoria vastissima, in cui si possono riconoscere moltissime figure della Dea nel suo potere, tutto femminile, di mutamento e trasformazione la cui forma nel corpo femminile è quella del ciclo mestruale, forse il ciclo naturale più vicino per noi oggi, abitanti in un mondo dove la differenza delle stagioni per chi abita in in città è sempre meno sensibile.


E dalle prime quattro forme, dalle prime quattro linee si diramano poi quelle che condurranno alle molteplici figure - non più una dea dalle molte funzioni, come era ancora nel neolitico - ma molte dee, ricche di storia, di miti, di fare. Dee troppo spesso subordinate a dei e comunque sempre nel fare che le allontana, a volte dalla semplicità dell'essere, come dicev,o della Grande Madre.
Molto è guadagnato, in ricchezza e varietà, ma qualcosa è andato perduto, un mondo essenziale che non è solo dimenticato, è anche, e soprattutto, sconfitto.




Per contattare creativamente il mondo della Dea,
il Cerchio della Luna propone laboratori e workshop di lavorazione dell'Argilla sulle forme dell'Antica Dea :
a giugno, un seminario in natura, per incontrare la Dea attraverso l'argilla, immerse negli elementi.
a Milano un laboratorio settimale per ritrovare la nostra creatività e i molti volti della Dea che vive in noi.


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**come ad esempio accade quando si segue la linea di pensieroche legge nella Dea una tripartizione corrispondente a tre - su quattro - delle fasi lunari, cioè alle lune crescente, piena e nera.


Testo e ricerca di Anna Pirera per https://www.ilcerchiodellaluna.it
© il cerchiodellaluna, novembre 2007

Testo da cui sono tratte le citazioni:
* Luciana Percovich " Oscure madri splendenti" ed Venexia 2007

Immagini delle dee tratte in parte in rete, in parte da "Dea Madre" ed Electa 2007








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