DEMETRA 
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        Immagine di Pamela Matthews  
         
      L'archetipo 
         
        Demetra rappresenta l'energia materna per eccellenza, la vera nutrice 
        e protettrice dei giovani e vulnerabili. Non necessariamente è 
        la madre biologica delle sue creature, poichè sa nutrire con pari 
        amore anche amici, conoscenti e compagni, che in lei vedono la buona madre 
        sulla cui spalla si può piangere. Il suo senso protettivo e la 
        sua determinazione nel difendere sono leggendarie, come l'orsa che protegge 
        il suo cucciolo. Il suo limite consiste nell'identificarsi nel solo ruolo 
        di madre e nella difficoltà a lasciare andare le sue creature. 
        La donna che incarna l'archetipo Demetra ha bisogno di comprendere che, 
        come la natura con il ciclo delle stagioni insegna, il cambiamento è 
        parte del ciclo naturale delle cose, e resistere ad esso significa solo 
        ristagnare. 
        La Dea della fertilità può essere madre di tante creature, 
        di un figlio, di un animale, di un opera d'arte o di un progetto creativo. 
        Ma qualsiasi sia l'oggetto del suo amore, deve imparare a lasciarlo andare, 
        affinchè a sua volta segua il suo percorso. 
         
         
        Il Mito 
      Antica Dea greca della natura e delle messi, 
        simbolizza l'energia materna archetipica.  
        Dea di fertilità, presiede al ciclo naturale di morte e rinascita. 
        Figlia di Rea e di Crono, Demetra è descritta nell'inno 
        omerico come sorella maggiore di Zeus, con cui concepì l’adorata 
        figlia Persefone-Kore.  
        Ma un giorno Persefone, fresca come un fiore, scomparve e sua madre non 
        riuscì a trovarla da nessuna parte. Piangente, Demetra cercò 
        e ricercò ovunque nelle campagne chiamando a gran voce questa figlia 
        che le era tanto vicina da sembrare quasi un suo doppio, la sua infanzia, 
        la sua giovinezza felice. In preda all’ira Demetra afferrò 
        il suo manto verde-azzurro e quasi senza pensarci lo fece in minuti pezzi 
        e li sparse tra l’erba ovunque come fossero spighe di grano. Ma 
        fiori ed erba appassirono ben presto perché la stessa Demetra era 
        l’origine di ogni crescita e il suo dolore faceva sì che 
        la sua energia abbandonasse le piante, che cominciarono ad avvizzire. 
        Fu così che Chloè (la verde), la gioiosa terra, si trasformò 
        per la prima volta nella Demetra autunnale, dai colori giallo oro. 
        La Dea vagò per la terra morente finchè giunse a una città 
        vicina ad Atene. Lì, sotto le sembianze di una vecchia di nome 
        Doso, assunse l’incarico di nutrice preso la regina di Eleusi Metanira, 
        di cui voleva rendere immortale il figlio Trittolemo tenendolo sospeso 
        sulle fiamme del focolare. La regina terrorizzata la scoprì e la 
        Dea in incognito venne riconosciuta. Demetra restò tuttavia a Eleusi 
        dove sedeva tristemente vicino ad un pozzo, piangendo la perdita della 
        figlia adorata. Un giorno la figlia della regina, Baubo, 
        vide la Dea così triste che volle consolarla. Demetra rifiutava 
        qualsiasi parola di conforto e allora Baubo, per strapparle un sorriso 
        mise allo scoperto maliziosamente i propri organi genitali. Sorpresa Demetra 
        ebbe un sogghigno, la prima risata che la terra moribonda udiva dalla 
        Dea dopo mesi e mesi. Poco dopo Persefone venne restituita alla madre 
        e la primavera fiorì nuovamente sulla terra.  
        Grata dell’ospitalità ricevuta dagli abitanti di Eleusi, 
        Demetra insegnò l’arte dell’agricoltura al principe 
        Trittolemo e in seguito fece di quella città il centro dei suoi 
        riti misteriosi, i famosi Misteri Eleusini. 
         
        Questa storia greca della grande dea è un’evidente metafora 
        del volger delle stagioni, ma rappresenta anche un tenero archetipo del 
        legame tra madre e figlia. Pur essendo una variante del comune mito mediterraneo 
        che mostra come la terra ami e consumi la sua vegetazione, questa leggenda 
        ha di singolare l’accento posto non sull’amore sessuale tra 
        il figlio che eternamente muore e la madre, ma sul legame familiare tra 
        la materna Demetra e la sua adorata figlia Persefone. Questa figlia, la 
        terra durante la primavera, in realtà era solo un’altra forma 
        della stessa Demetra. In sicilia l’identità tra Demetra e 
        Persefone era canonica: entrambe erano chiamate damatres (madri) e venivano 
        raffigurate in modo indistinguibile. Ma la forma più comune della 
        grande dea era una triade di dee e non una coppia. Molti studiosi hanno 
        setacciato i più famosi miti di demetra sperando di trovare il 
        terzo elemento della triade femminile, la terra invernale, la vecchia 
        carica di età, il seme ibernato.  
        In generale la riflessione si è soffermata su Ecate, che certamente 
        sembra essere la più simile a una vecchia ta le possibili figure 
        divine del racconto. In più essa compare nei punti cruciali della 
        storia, per esempio era l’unica testimone della scomparsa di Persefone. 
        Dato che difficilmente l’onnisciente terra, Demetra, poteva ignorare 
        ciò che accadeva sulla superficie, è ragionevole pensare 
        che Ecate fosse un aspetto della stessa Demetra in qualità di madre 
        terra. 
         
         
        Il ritorno di Persefone - Frederic Leighton- 1891 
       
        La permanenza a Eleusi 
      Fu per ringraziare Celeo della sua ospitalità, 
        che Demetra decise di fargli il dono di trasformare Demofoonte in un dio. 
        Il rituale prevedeva che il bimbo fosse ricoperto ed unto con l’ambrosia, 
        che la dea stringendolo tra le braccia soffiasse dolcemente su di lui 
        e lo rendesse immortale bruciando nottetempo il suo spirito mortale sul 
        focolare di casa. Demetra una notte, senza dire nulla ai suoi genitori, 
        lo mise quindi sul fuoco come fosse un tronco di legno ma non poté 
        completare il rito perché Metanira, entrata nella stanza e visto 
        il figlio sul fuoco, si mise ad urlare di paura e la dea, irritata, dovette 
        rivelarsi lamentandosi di come gli sciocchi mortali non capiscano i rituali 
        degli dei. 
        Invece di rendere Demofoonte immortale, Demetra decise allora di insegnare 
        a Trittolemo l’arte dell’agricoltura, così il resto 
        della Grecia imparò da lui a piantare e mietere i raccolti. Sotto 
        la protezione di Demetra e Persefone volò per tutta la regione 
        su di un carro alato per compiere la sua missione di insegnare ciò 
        che aveva appreso a tutta la Grecia. Tempo dopo Trittolemo insegnò 
        l’agricoltura anche a Lindo, re della Scizia, ma costui rifiutò 
        di insegnarla a sua volta ai suoi sudditi e tentò di uccidere Trittolemo: 
        Demetra per punirlo lo trasformò allora in una lince. 
       
      Il nome e i suoi attributi 
      Madre terra è solo uno dei possibli significati 
        del nome di Demetra.  
        La seconda parte della parola significa al di là di ogni dubbio 
        “madre”.  
        Tuttavia la prima parte si può tradurre altrettanto bene con cereale 
        quanto terra, il che fa di Lei non più la dea della superficide 
        della terra ma solo di quella parte della superficie che è coltivata, 
        quella che sostenta le piante parallela alla Cerere 
        romana. Se il nome damater deriva da radici che rimandano alla madre terra 
        la dea diventa un’altra forma di Ge o Gea. In quanto tale, in certe 
        leggende compare come la compagna di Poseidone* che significa appunto 
        ”il marito di da”.  
       
      Il culto 
      Sia come simbolo dell’intera terra, sia 
        come simbolo della vegetazione commestibile, Demetra era adorata con sacrifici 
        in cui si faceva uso del fuoco, poiché era necessario che le offerte 
        fossero presentate così come si trovavano in natura.  
        Favi di miele, lana non filata, uva non spremuta, frumento non cotto venivano 
        posti sui suoi altari. Non erano per lei le offerte di vini, dolci e tessuti: 
        Demetra rappresentava il principio dei prodotti naturali, non artificiali. 
         
        Ella donò al genere umano la conoscenza delle tecniche agricole: 
        la semina, l’aratura, la mietitura e le altre correlate. Come tale 
        era particolarmente venerata dagli abitanti delle zone rurali, in parte 
        perché beneficavano direttamente della sua assistenza, in parte 
        perché nelle campagne c’è una maggiore tendenza a 
        mantenere in vita le antiche tradizioni, e Demetra aveva un ruolo centrale 
        nella religiosità Greca delle epoche pre-classiche. Esclusivamente 
        in relazione al suo culto sono state trovate offerte votive, come porcellini 
        di creta, realizzati già nel Neolitico. 
        In epoca romana, quando si verificava un lutto in famiglia, c’era 
        l’usanza di sacrificare una scrofa a Demetra per purificare la casa. 
        I luoghi principali in cui il culto di Demetra era praticato si trovavano 
        sparsi indifferentemente per tutto il mondo Greco: templi sorgevano ad 
        Eleusi in Sicilia, Ermione, Creta, Megara, Lerna, Egila, Munichia, Corinto, 
        Delo, Piene, Agrigento, Lasos, Pergamo, Selinunte, Tegea, Mesembria, Thorikos, 
        Dion, Licosura, Enna e Samotracia. 
        Ma la sua festa più importante, dedicata anche a Persefone Kore, 
        veniva tenuta ad Eleusi dove i greci annualmente celebravano i misteri 
        che mettevano l’iniziato in uno stato di grazia e di gratitudine 
        verso la Madre. Durante le feste che duravano tre giorni i mystai imitavano 
        Demetra nella sua ricerca disperata di Persefone rinnnovando poi il tripudio 
        allorchè ancora una volta ella si riuniva con la figlia. Nella 
        loro pantomima erano dapprima Demetra Erynes (irata), furiosa e triste 
        per la perdita di Persefone, poi assumevano il ruolo felice di Demetra 
        Louisa (amorevole), la madre trasformata dal ritrovamento della figlia. 
        In altri luoghi e in altri tempi, Demetra ha avuto altri attributi: Kidaria 
        (maschera), Chamaine (suolo), e la potente Thesmoforos (legislatrice), 
        ordinatrice non solo delle stagioni, ma anche della vita umana. 
       
      Altri epiteti 
      A seconda dei vari contesti, Demetra era invocata 
        con diversi epiteti: 
         
        · Potnia – "Padrona" (nell’ Inno Omerico 
        a lei dedicato)  
        · Chloe – "Il verde germoglio"  
        · Anesidora – "Colei che spinge in su i doni"  
        · Malophoros – "Colei che dà mele" o "Colei 
        che dà greggi"  
        · Kidaria – “maschera” 
        · Chtonia – "Che si trova nel suolo"  
        · Erinys – "Implacabile"  
        · Lusia – "Che prende il bagno"  
        · Thermasia – "Calorosa" 
        · Kabeiraia– nome di origine pre-greca di significato incerto 
         
        · Thesmophoros – "Fornitrice di consuetudini" o 
        anche "legislatrice", titolo che la lega all’antica dea 
        Temide. Questo titolo era usato in connessione con la Tesmoforia, una 
        cerimonia segreta riservata alle donne che si svolgeva ad Atene, e connessa 
        con le tradizioni matrimoniali. 
       
      Iconografia 
         
          
         
        statuetta cretese della dea del papavero 
         
        Demetra viene solitamente raffigurata 
        mentre si trova su un carro, e spesso associata ai prodotti della terra, 
        come fiori, frutta e spighe di grano. A volte viene ritratta insieme a 
        Persefone. 
        Raramente è stata ritratta con un consorte o un compagno: l'eccezione 
        è rappresentata da Giasone, il giovane cretese che giacque con 
        Demetra in un campo arato tre volte e fu in seguito, secondo la mitologia 
        classica, ucciso con un fulmine da un geloso Zeus.  
        La versione cretese del mito dice però che questo gesto fu invece 
        compiuto da Demetra stessa, intesa nell' incarnazione più antica 
        della Dea. 
        Una statuetta d’argilla trovata sull’isola di Creta rappresenta 
        la dea del papavero adorata nella cultura Minoica mentre porta i baccelli 
        della pianta, fonte di nutrimento e di oblio, incastonati in un diadema. 
        Appare dunque probabile che la grande Dea Madre, dalla quale derivano 
        i nomi di Rea e Demetra, abbia portato con sé da Creta nei Misteri 
        Eleusini insieme al suo culto anche l’uso del papavero, ed è 
        certo che nell’ambito dei riti celebrati a Creta, si facesse uso 
        di oppio preparato con questo fiore. 
        Quando a Demetra fu attribuita una genealogia per inserirla nel Pantheon 
        classico greco, diventò figlia di Crono e Rea, sorella maggiore 
        di Zeus. Le sue sacerdotesse erano chiamate Melisse. 
        I suoi simboli sono le spighe di grano con cui si fa il pane, gli animali 
        a lei sacri l'orsa e la scrofa. 
         
         
        *Demetra e Poseidone 
         
        Secondo alcune tradizioni, Poseidone (il cui nome significa "il consorte 
        di colei che distribuisce") una volta inseguì Demetra che 
        aveva assunto il suo antico aspetto di dea-cavallo. Demetra tentò 
        di resistere alla sua aggressione, ma neppure confondendosi tra la mandria 
        di cavalli del re Onkios riuscì a nascondere la propria natura 
        divina; Poseidone si trasformò così anch’egli in uno 
        stallone e si accoppiò con lei. Demetra fu letteralmente furibonda 
        ("Demetra Erinni") per lo stupro subito, ma lavò via 
        la propria ira nel fiume Ladona. Dall’unione nacquero una figlia 
        il cui nome non poteva essere rivelato al di fuori dei Misteri Eleusini, 
        ed un cavallo dalla criniera nera chiamato Arione. 
         
         
        Rito di gruppo - Affrontare le tesmoforie 
       Oltre ai misteri eleusini, il Più 
        grande rituale associato a Demetra erano le tesmoforie. Chiamate dai Beoti 
        "la cerimonia del dolore", le tesmoforie venivano celebrate 
        nel mese di ottobre da spose e madri. Riproponendo il tormento di Demetra 
        dovuto al distacco da Persefone questo rito imperniato sul dolore e sulla 
        catarsi forniva alle donne l'opportunità di esprimere sentimenti 
        «pesanti» connessi alla maternità e al matrimonio. 
        Per molte di loro si trattava dell'unica possibilità nell'arco 
        di un intero anno per affrancarsi dalle responsabilità domestiche 
        e familiari e per aggregarsi ad altre donne. 
       I riti delle tesmoforie coprivano un periodo 
        di tre giorni.  
        Analogamente ai misteri eleusini, i riti si svolgevano nella massima segretezza. 
        Attraverso la partecipazione alle tesmoforie, le donne sentivano che Demetra 
        avrebbe compreso i loro tormenti, confortandole con la sua accettazione. 
        Ciascuno dei tre giorni corrispondeva al passaggio oscuro della luna, 
        mentre transita dalla fase calante alla fase crescente. 
      Il primo giorno del rito, Kathodos («discendente») 
        e Anodos ("ascendente") le donne sacrificavano i maiali sospingendoli, 
        insieme a delle sagome fatte di grano e farina che riproducevano uomini 
        e serpenti, in una tana di serpenti. Sempre da quella tana, esse raccoglievano 
        i resti del sacrificio dell'anno precedente, mescolandoli al grano da 
        semina. Secondo alcuni studiosi, le donne utilizzavano questo miscuglio 
        sacro per modellare oggetti religiosi.  
        Il secondo giorno delle tesmoforie, Nesteia («digiuno»), le 
        donne davano libero sfogo a ogni singola sfumatura del loro dolore. Durante 
        il digiuno, piangevano esprimendo la sofferenza nello stesso modo in cui 
        Demetra l'aveva vissuta. Nello stesso frangente, avveniva anche la condivisione 
        dei melograni.  
        Il nome dell'ultimo giorno, Kalligeneia («nato puro»), delinea 
        la catarsi che una simile messinscena delle emozioni collettive innescava 
        in quelle donne. 
       Laddove molte madri assistono serenamente all'abbandono 
        della dimora familiare da parte del figlio adulto, altre non vivono questa 
        fase all'insegna di questo stato d'animo. Per queste madri, la struttura 
        delle tesmoforie fornisce l'opportunità per elaborare il dolore 
        del distacco con il supporto di un gruppo di donne solidali. Troppo spesso 
        la nostra società impone alla donna di reprimere la sofferenza 
        e continuare a vivere come se niente fosse. Le tesmofòrie ci permettono 
        di onorare il nostro dolore, riconoscendone l'accezione divina. 
       Se desiderate compiere questo rito, scegliete 
        di dedicargli due notti e un giorno consecutivi, meglio se in concomitanza 
        con il novilunio. Invitate le amiche più care, quelle capaci dì 
        accettare le vostre emozioni, a condividere questo momento. Fate in modo, 
        se possibile, di escludere altri impegni per quei giorni - nessun incarico 
        di responsabilità, nessuna telefonata. 
       Per la prima notte del rito, organizzate un 
        banchetto sontuoso da dividere con le amiche. Sulla tavola imbandita, 
        lasciate un posto vuoto per il figlio assente e riempite il suo piatto 
        di cibo. Raccontate alcuni aneddoti su vostro figlio e su quanto avete 
        vissuto con lui. Cercate di non cedere al dolore che provate per il distacco, 
        questa fase è rinviata alla seconda notte della vostra riunione 
        conviviale. Sforzatevi per quanto possibile, di digiunare dalla fine del 
        banchetto fino alla seconda notte, quando dovrete abbandonarvi ai vostri 
        sentimenti più cupi. Permettete alle lacrime di scorrere. Lasciate 
        che le vostre amiche vi consolino. Sentitene la partecipazione, l'amore 
        e il sostegno, mentre esprimete il dolore e la confusione che provate 
        riguardo a ciò che vi è accaduto. Se siete incapaci di lasciare 
        andare i vostri sentimenti, accettateli. Parlatene. Non appena avvertite 
        che la tempesta delle vostre emozioni accenna a placarsi, rompete il digiuno 
        con il succo di melograno. 
       L'ultimo giorno segna l'inizio della vostra 
        nuova vita di madre - la madre di un figlio adulto. Uscite di casa, e 
        mentre passeggiate con le vostre amiche osservate gli alberi e il paesaggio 
        che vi circondano. Voi, le vostre amiche e vostro figlio fate parte di 
        quel complesso meccanismo che chiamiamo mondo. Se vi sentite pronte, discutete 
        i progetti che avete in serbo per la vostra nuova vita: che cosa volete 
        fare, ora che il fardello delle vostre responsabilità si è 
        alleggerito? Come sarà il vostro rinnovato rapporto con il figlio 
        adulto? In che misura cambierà? 
         
        Non dimenticate che, come Demetra, siete sopravvissute all'inverno del 
        vostro dolore; anche se non riuscite a scorgere le gemme primaverili, 
        state pur certe che alla fine giungeranno, in quanto apportatrici di una 
        nuova vita. 
         
         
      
 
         
        Fonti: "il dizionazio delle Dee e delle Eroine" 
        di Patricia Monoghan e Wikipedia  
        per il rito: Kris Waldherr, 
        La Dea Interiore, ed Xenia 
          
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