Femminile
Parole e versi che ci hanno ispirato nel mondo del femminile



Placenta e Destino
Di Emanuela Geraci

E’ la placenta medica, quella che abbiamo imparato a conoscere nelle figure dei libri, quella che nei parti in ospedale vediamo per un attimo e poi chissà dove finisce. Buttata via con gli altri “rifiuti organici”. Una volta nato il bambino ha finito il suo compito, non ha più motivo di esistere.

La placenta è anche molto altro, colpisce l’immaginazione, è uno degli elementi della gravidanza e del parto che ti fanno stare con il fiato sospeso, quando ci pensi, come di fronte a un miracolo. Qualcosa di numinoso e magico che ti fa venire voglia di fantasticare, un po’ soprappensiero, con le mani sulla pancia, a pensare a chissà che cosa…

La placenta è trina perché ha tre volti, tre facce una diversa dall’altra e tutte collegate. Una riguarda il rapporto del bambino con se stesso e con il suo doppio, una è rivolta al rapporto tra la madre e il bambino e tra la madre e il suo essere madre, la terza faccia guarda al rapporto tra il bambino e il mondo, tra il bambino e il suo destino.

L’etimologia di placenta viene dal latino placui, che vuol dire “ciò che piace”. I Romani chiamavano “placente” le focacce cotte di grano. Per lo più erano focacce dolci, buone da mangiare.

Placenta è dunque ciò che piace, ciò che da piacere, come una bella focaccia calda appena sfornata. In alcune culture la placenta viene chiamata “il dolce della mamma”, e se pensiamo alla nostra torta di compleanno che ogni anno festeggia la nostra nascita è rotonda come una placenta.

La placenta è qualcosa che la mamma e il papà hanno fatto per il bambino, la madre da nutrimento a entrambi (placenta e bambino). La madre nutrendosi nutre la possibilità di nutrire, di far crescere la placenta ed anche il bambino. Nutre dunque il suo essere madre. La placenta è anche chiamata “la nonna del bambino”, è la madre della madre, il simbolo della capacità materna che si trasmette nelle generazioni.

Sul legame tra piacere e nutrimento bisognerebbe soffermarsi a lungo. Il legame tra piacere e sopravvivenza. Abbiamo la sensazione di vivere pienamente quando la vita ci da piacere. Possiamo sopravvivere se coltiviamo qualcosa che ci piace.

A volte durante una gravidanza le donne sperimentano questa sensazione per la prima volta: il piacere del “puro vivere”, senza perché.
Nei corsi di preparazione al parto, c’è sempre un momento in cui il gruppo è curioso e fa domande sulla placenta. In genere è un bel momento, le donne sono già un po’ in là con la gravidanza, sono ancora in fase di “crociera”, è ancora presto per focalizzarsi sul parto, e hanno passato i primi mesi di “adattamento”. E’ un momento “che piace”, alle donne comincia a piacere la gravidanza, si sentono belle, piacevoli, forti, incarnano l’archetipo della madre e risentono di tutto l’influsso benefico del suo potere, il potere di dare la vita, di nutrirla e crescerla dentro di sé. Le donne si piacciono nel loro corpo trasformato davanti allo specchio. Possono dare piacere al bambino attraverso questo piacersi.

Una volta in un gruppo raccontavo delle tradizioni popolari che riguardano la placenta. Una donna mi ascoltava con avidità, era emozionata e le brillavano gli occhi. La notte stessa fa un sogno: l’aiutavo a partorire un bambino piccolo, piccolo come un girino in un acquitrino.

Neanche una settimana dopo partorisce davvero, al sesto mese, un distacco di placenta, un parto traumatico, perde sangue a fiumi, le fanno il cesareo, nasce un bambino piccolo, piccolo…le tolgono l’utero. Sopravvivono entrambi e l’anno successivo viene a raccontarmi la sua storia, il suo parto perduto, che insieme cercheremo di ritrovare.

Credo che sia stato un momento molto importante quel nostro breve incontro, parlando di placenta, si è creato un legame forte, come solo le placente sanno fare. Si è creata una placenta simbolica, a cui dopo, entrambe sopravvissute, (quell’anno avevo avuto anch’io una grave perdita), abbiamo attinto per ricucire il nostro legame con il mondo, per andare avanti.



La placenta è fatta dello stesso materiale genetico del bambino. Ad un certo punto si divide dal bambino e diventa la sua cucina privata. Il bambino cresce nutrendosi dell’altro sé, del suo altro se stesso. E’ quello che continueremo a fare tutta la vita, cercando il nostro gemello, la nostra anima gemella. La nostra ombra, attingeremo da lei e cresceremo, solo conoscendo l’ombra possiamo conoscere la nostra anima. Nutrendoci della nostra ombra, chi non siamo, chi non conosciamo, integrando l’ombra, ci sentiamo più completi, diventiamo noi stessi.

Siamo ciò di cui ci nutriamo.

Veniamo creati insieme a ciò che ci da nutrimento.

Da questo punto di vista si capisce perché ha molta importanza in tutte le culture tradizionali dove va a finire la placenta, cosa va a nutrire.

Oltre ad essere il nostro “fratellino” o “gemello”, la placenta è ciò che ci lega all’Altro. Grande Altro compreso.

Così come nella pancia di nostra madre siamo stati nutriti dal nostro doppio, così la placenta dopo la nascita andrà a nutrire il mondo simbolico in cui vivremo e sarà nutrita da esso.

Come per i nativi americani sotterrare la placenta in un campo vuol dire assicurarsi un forte legame di riconoscenza reciproca con quella terra, un raccolto abbondante oppure la possibilità di “farvi sempre ritorno”, la placenta diventa una bussola ad orientarci sotto la volta celeste, dove l’ago segna la propria casa, ciò che ha valore per noi.

Dedicarla al mare crea lo stesso forte legame con l’elemento marino e il suo mondo, sempre tra i nativi americani garantisce un destino di ricco raccoglitore di molluschi.

La placenta sancisce dunque un patto di alleanza tra l’uomo e il cosmo, è ancora dopo la nascita un organo mediatore, non più tra la madre e il bambino, ma tra l’universo e il bambino, tra il mondo degli spiriti e il bambino, tra il Dio e la Dea e il bambino.

La placenta diventa la mappa di questa alleanza prestabilita, su di essa, come accade in Africa nella lettura dei vecchi saggi, si può leggere il destino del nuovo nato.

Se viene data da mangiare ad un animale, il bambino acquisirà le capacità di quell’animale. Ad esempio se viene data da mangiare ai corvi, il bambino crescerà con le capacità profetiche e visionarie dei corvi.

Se viene sotterrata sotto un albero, acquisterà le virtù di quell’albero, come avviene in Cina dove si usa sotterrare la placenta sotto un pino perché si ammirano le sue virtù di robustezza, forza d’animo, saggezza.

Mi è stata raccontata la storia di una madre, che ha sotterrato le due placente dei suoi due figli sotto due alberi diversi, dopo poco uno dei due alberi è morto, e in quel momento l’altro albero si è diviso in due continuando a crescere come due alberi distinti ma aventi la stessa radice.

La placenta continua ad “agire” e a vivere, anche dopo che il bambino è nato. Come racconta l’ostetrica Robin Ibu Lim, testimone di un parto “con la placenta” ovvero un parto dove non era stato tagliato il cordone ombelicale dopo la nascita, la placenta continuava a pulsare e a muoversi quando il bambino succhiava il latte dalla madre.

Vi sono numerose ricette per cucinare, mangiare o essiccare la placenta, per chi voglia direttamente incorporare il potere benefico della placenta, e numerose sono le indicazioni di un uso terapeutico della placenta dopo il parto per la mamma e il bambino ma anche per tutta la famiglia, papà e fratellini compresi. La placenta diventa una sorta di integratore energetico, sia per le numerose qualità nutritive e per i preziosi ormoni presenti, sia ad un livello sottile di nutrimento spirituale per tutta la famiglia. Letteralmente la placenta diventa l’ostia che mette in comunione il corpo e il sangue della madre.

Del resto, è credenza comune in molte culture tradizionali, che se della placenta si impossessa qualcuno che ha intenzioni cattive verso il bambino, l’azione malvagia sulla placenta si ripercuoterà sul bambino, proprio come se fosse una bambolina vodoo, a sottolineare l’essenza della placenta come doppio.

Ciò vale anche all’inverso, per quanto riguarda la magia bianca. Nel Sud Italia la placenta immersa in un torrente, o comunque nell’acqua che si muove, garantisce un buon inizio dell’allattamento.

Durante una meditazione ho visualizzato la mia placenta, mi sono vista come un germoglio che cresceva spuntando dal suo baccello, ecco la mia placenta fagiolo tutta rosata e pulsante !

Questo legame tra microcosmo e macrocosmo è presente nelle visioni di Ildegarda di Bingen. In una delle sue famose miniature di Rupertsberg nello Scivias rappresenta il momento dell’animazione dell’embrione. Si vede una donna sdraiata con un bambino nel ventre collegato da un lunghissimo cordone ombelicale al cielo stellato dove un rombo-placenta con innumerevoli occhi sembra soffiare dentro il cordone ombelicale del bambino l’anima sotto forma di formaggio. Intorno al cordone gli antenati del bambino che portano le loro formaggelle ! Per Ildegarda il momento in cui l’embrione riceve l’anima è paragonabile al cagliarsi del latte che crea il formaggio, una teoria antica che ha anche un corrispettivo cosmologico come racconta Carlo Ginsburg nel libro “Il Formaggio e i vermi”. Quello che ci interessa qui, è la “placenta celeste” del bambino, che assurge nella visione di Ildegarda a “divinità placentare”, in grado di mandare l’anima al bambino attraverso il cordone ombelicale.

Anche la pratica di sotterrare la placenta sotto gli alberi può avere la stessa funzione, in quanto l’albero secondo le religioni sciamaniche è ponte tra cielo e terra. La placenta doppio-anima o spirito del bambino assicura le comunicazioni e gli scambi tra il mondo naturale e quello soprannaturale. La placenta è un albero rovesciato, chioma e radice dell’essere umano.

Non si può infine che raccomandare una grande cura della placenta quando nasce il bambino!



Testo di Emanuela Geraci per il Cerchio della Luna e mondo-doula © 2013
inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it nell'aprile 2013.

ImmaginI:
1 - Amy Swagdam
2 - Sara Stradi (www.lospazioblu.it)
4 - Ildegarda di Bingen (illustrazione alle opere di)



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