|   I 
          Sacri Riti del Sangue Femminili 
          di Violet* 
           
            
          Ci fu un tempo in cui tutte le Donne seguivano gli insegnamenti della 
          Grande Madre, udivano il suo canto nel vento, nel mormorare delle foglie, 
          nel silenzio della notte, e colme della Sua consapevolezza ne rispecchiavano 
          i bei lineamenti. 
          Depositarie della Conoscenza divina, appresa sin dai primi anni di vita 
          per trasmissione orale, esse condividevano con amore e indicibile dolcezza 
          ogni passaggio della loro vita, ogni momento di “morte nella vita” 
          e di “vita nella morte”. Le loro fasi muliebri erano celebrate 
          con riti sacri, con feste e manifestazioni gioiose e probabilmente comprendevano 
          pratiche segrete e lunghe meditazioni che ispiravano la tenera Comunione 
          con la Dea, fonte inesauribile di emozioni e sensazioni tanto belle 
          e amorevoli da non poter essere descritte con semplici parole. 
        In quel tempo, le Donne-Luna, ovvero le donne 
          che per la loro perfetta armonia lunare/femminile potevano essere viste 
          come Figlie della Luna, onoravano i propri cicli di sangue come momenti 
          di pura magia, di segreta intimità, di scoperta delle segrete 
          sostanze di vita. 
          Il sangue che, caldo, scivolava tra le loro gambe era per loro un dono 
          prezioso che richiedeva attenzioni premurose, periodi di tacita contemplazione 
          ed introspezione: non mentale e governata dalla ragione, ma istintiva 
          e legata alle naturali percezioni del corpo. 
          Attraverso il Ciclo, esse accedevano misteriosamente a stati di coscienza 
          diversi da quelli consueti, grazie ai quali profetizzavano, si accostavano 
          all’inconoscibile, ricevevano sogni e visioni sottili che, spesso, 
          le portavano a prendere decisioni importanti per tutta la tribù, 
          nonché a guidarla con equilibrio e saggezza. Si potrebbe pensare 
          che proprio in questi momenti sacri e grazie a queste visioni, le Donne 
          percepivano e raccoglievano immagini simboliche che poi trasformavano 
          in storie e fiabe, in nuovi canti, in nuovi miti e riti sacri: comprendevano 
          nuovi frammenti del sapere divino e nuovi modi per trasmetterlo alle 
          proprie sorelle. 
          Il sangue, infatti, era ritenuto foriero di Conoscenza e i sogni che 
          avevano a che vedere con il suo scorrere erano fonte stessa di sapienza 
          ancestrale. 
          Esso era inoltre visto come la primigenia sostanza da cui aveva origine 
          ogni più semplice forma di vita, poiché vi risiedeva la 
          misteriosa magia di Creazione, la primitiva argilla che formava e plasmava 
          il bimbo nella pancia della mamma e che gli donava la preziosa Anima 
          imperitura. 
          Come un purpureo fiore dall’acre profumo, il flusso sacro poteva, 
          infatti, trasformarsi in frutto, ma poteva anche sfiorire semplicemente, 
          perdendo i suoi delicati petali come liquide gocce vermiglie. 
          L’interna fioritura e deperimento del ciclo femminile, che rendeva 
          le donne ricettacolo di fertilità e sterilità, di vita 
          e morte regolarmente alternate, rispecchiava il succedersi costante 
          dei tempi della Natura, delle stagioni e, soprattutto, delle età 
          della Luna. 
           
            
          Dolce sorgente femminile d’acqua e di sangue, la Regina del cielo 
          è, sin dall’inizio del tempo, la Guardiana del sacro ritmo 
          terrestre che genera il mutamento perpetuo; governa e scandisce, in 
          un divino connubio di luce ed ombra, il profondo contrarsi del sotterraneo 
          utero primitivo, insegnando a seminare e a raccogliere, a tagliare e 
          lasciar crescere, a creare, in un divampare ardente di vita, e a covare 
          l’ispirazione nel tiepido ventre oscuro. 
          Da questo ritmo divino, dall’oscurarsi e schiarirsi della Luna, 
          dal loro sangue mestruale, le antiche Donne apprendevano la natura del 
          Ciclo perpetuo, del Tempo e della Misura. In armonia con essi, danzavano 
          splendidamente e le loro movenze riflettevano l’armonia delle 
          acque nascoste, delle maree e, più di tutto, della loro amata 
          Luna, che da sempre vegliava su di loro e splendeva nei loro occhi. 
          Luna che è Donna, così come la Donna è un suo sublime 
          raggio d’avorio, disceso e fiorito sulla Terra. 
          Vivendo e conoscendo la Grande Madre come generatrice del divenire e 
          conservatrice del suo stesso nucleo di luce perenne, esse comprendevano 
          la loro similitudine con Lei e capivano che tutto ciò che avevano 
          bisogno di conoscere era già presente in loro stesse sin dalla 
          nascita. Così si osservavano e si scoprivano lentamente, sostavano 
          in silenzio sul limitare dei ruscelli, sotto l’ombra degli alberi 
          ricoperti di muschio, accanto al fuoco delle loro abitazioni… 
          si osservavano, si ascoltavano… e Sapevano. 
          I loro antichi e splendidi riti riposano in un tempo passato. Forse 
          qualche anziana dallo spirito antico, che nonostante il lento degenerarsi 
          dell’umanità esiste ancora, ne conserva il ricordo e lo 
          preserva segretamente, ma di fatto poco di conosciuto è rimasto 
          qui, per noi che cerchiamo. 
           
          Eppure quel poco che è sopravvissuto, proveniente soprattutto 
          dalle tradizioni dei Nativi Americani, è tuttora ricco di magia 
          ed amore tanto grandi da far salire agli occhi qualche lacrima solitaria, 
          memore di una qualche strana nostalgia che qualcuno prova ancora in 
          fondo al proprio cuore. 
          Uno dei riti che abbiamo la fortuna di conoscere, probabilmente di origine 
          molto antica, è quello che la tribù dei Kuna, dell’istmo 
          di Panama, celebra per le fanciulle che versano il loro sangue per la 
          prima volta. 
          Come in moltissime altre culture il rito è compiuto ed assistito 
          dalle anziane, ovvero da coloro che hanno vissuto tutte le fasi della 
          vita femminile e che pertanto possiedono la più alta saggezza. 
          Queste fanno sdraiare sul suolo nudo la giovane donna e, sedendo in 
          cerchio intorno a lei e fumando, le lanciano addosso della terra per 
          ricoprire il suo corpo. Mentre fumano le Donne intonano i canti sacri 
          ed invocano la Dea Mu, protettrice dei Kuna e generatrice del Sole, 
          della Luna, delle Stelle, degli animali e di tutta la lussureggiante 
          vegetazione. 
          Dopo essere stata “sotterrata”, la ragazza si scuote via 
          dal corpo il terriccio e le anziane le cospargono il viso col succo 
          purpureo di una pianta chiamata Saptur. Questa pianta cresce in una 
          caverna poco distante dal luogo del rito; una caverna in cui sono seppelliti 
          i morti della tribù. La sua linfa rossa si crede che sia il sangue 
          mestruale di Mu. 
          Dipinta di rosso, la giovane è quindi pronta per entrare nella 
          sacra capanna di Inna, dove viene celebrato il rito d’iniziazione, 
          e qui le vengono tagliati i lunghissimi capelli. 
          Come cadono a terra i capelli, ciocca dopo ciocca, così la fanciulla 
          lascia cadere la propria infanzia, della quale si è definitivamente 
          spogliata. Ella la dona a Inna e accede ad una nuova fase della sua 
          vita, divenendo donna. 
          In questo bellissimo rituale sono presenti molti temi simbolici che 
          richiamano la morte e il passaggio a nuova vita. L’albero dal 
          succo di porpora cresce in mezzo ai morti, eppure rappresenta il sangue 
          di Mu, il sangue della vita, della fertilità, della bimba che 
          da vergine diventa donna in grado di procreare; l’essere ricoperte 
          di terra evoca la sepoltura che si dà ai defunti e segna la fine, 
          il sotterramento di un vecchio modo di essere da cui la fanciulla si 
          purifica, poiché il passaggio deve essere accettato, così 
          come ciò che ne consegue. Anche il taglio di capelli rappresenta 
          la morte di una parte dell’essere e l’accesso ad una nuova 
          condizione interiore ed esteriore. 
          L’usanza di tagliare i capelli in occasione dei riti di passaggio 
          era piuttosto comune in molte parti del mondo e indicava la transizione 
          da uno stato all’altro, il mutamento e la trasformazione che portavano 
          la persona ad abbandonare la sua vecchia identità. Completamente 
          rasato, inoltre, il capo assomigliava sia ad un teschio che alla testa 
          di un neonato e questa immagine rafforzava ancora di più la connessione 
          con la morte e la rinascita, incoraggiandole entrambe. 
          Attraverso il menarca la fanciulla viveva un vero e proprio viaggio 
          nell’oltretomba, per uscirne rinnovata e per rendersi sacra agli 
          occhi delle sue sorelle e della divina Mu. 
          In alcune tribù di nativi americani la donna che sta vivendo 
          i suoi giorni di sangue possiede un grande potere poiché è 
          direttamente connessa con l’energia primordiale della Grande Madre. 
          Gli stessi nomi con cui, in tutto il mondo, veniva –e forse viene 
          tuttora- definito il flusso femminile richiamavano sempre qualcosa di 
          magico, misterioso e molto potente. 
          La parola che noi conosciamo, ovvero “mestruo”, deriva sia 
          da “mese”, sia da “misura” e da “luna” 
          (dal latino men e dal greco mens, menos), ma la sua radice “me” 
          o “ma” richiama forse il “mana”, l’energia 
          immanente che per i melanesiani permeava ogni cosa esistente sulla Terra. 
          Il ciclo mestruale era quindi una vera e propria emanazione di energia 
          pura ed elementare che le donne condividevano consapevolmente, isolandosi 
          nelle capanne sacre per poi uscirne rinnovate e colme di nuova saggezza. 
          In molti popoli il sangue femminile era intimamente connesso al Serpente 
          e ai suoi simboli di ciclica rigenerazione. Il serpente, più 
          di ogni altro animale per via del suo cambio di pelle, rappresenta le 
          varie morti e rinascite che fanno parte della vita dell’individuo, 
          ovvero i diversi momenti di passaggio da una fase all’altra dell’esistenza. 
          Intensamente connesso alla Luna ed alle acque, alla terra e alla fertilità, 
          il serpente è quindi emblematicamente inseparabile dalla Donna 
          e dal suo sacro flusso, poiché la loro energia rigeneratrice 
          è considerata simile. 
          Tra gli Indiani Chiriguanos, quando la giovane donna versa il suo primo 
          sangue, le donne della tribù inscenano un rito in cui tentano 
          di cacciare via il serpente che l’ha morsa, ferendola; in altre 
          tribù, invece, le fanciulle danzano gioiosamente intorno all’immagine 
          di un serpente, forse sotto ai raggi della luna che carezzano il loro 
          bel corpo. 
         Un 
          altro dei riti di passaggio che sono giunti sino a noi, legato al primo 
          sangue delle fanciulle, proviene dalla tradizione dei Navajo ed è 
          conosciuto con il nome di Kinaalda (“rito di pubertà”). 
          Secondo le leggende questo bellissimo rito fu insegnato alle donne da 
          Estsanatlehi (“Madre di tutti”), la Donna che Muta, o Donna 
          che si Rinnova, chiamata con molti nomi diversi tra cui Donna Conchiglia 
          Bianca e Donna Dipinta di Bianco. Ella è la personificazione 
          divina della Terra, con il suo Equilibrio immutabile ed i suoi Cicli 
          perenni. Rappresenta l’eterno mutamento, l’interminabile 
          girare della Ruota del Tempo, ma anche l’assenza del Tempo stesso 
          che esiste oltre le concezioni ed i limiti umani; traccia il sentiero 
          delle stagioni, che mutano quando Lei muta il suo abito, veglia sui 
          cicli della Luna e delle Donne, su quelli del sangue e sui passaggi 
          della vita femminile, specialmente su quello determinato dalla comparsa 
          del mestruo che rende la fanciulla feconda. 
          Splendidamente vestita di candide conchiglie e di preziosi turchesi, 
          è la segreta amante del Sole, con il quale fa dolcemente l’amore 
          nei boschi verdi e sulle spiagge bagnate dalle onde, forse insegnando 
          alle donne a fare lo stesso… 
          La sua pelle non raggrinzisce mai perché ogni qual volta Ella 
          raggiunge una certa età si incammina verso Est, dove incontra 
          la Se Stessa fanciulla e, abbracciandola, ne riassume le sembianze. 
          Per questo si dice che fu Lei ad istruire le Donne sui segreti dell’Eterna 
          Giovinezza, mostrando loro come mantenere viva ed ardente la Bimba interiore 
          nonostante l’incedere degli anni ed il peso del corpo. Allo stesso 
          modo, fu Lei a trasmettere loro tutta la Conoscenza tradizionale, così 
          come gli antichi riti, i canti sacri, le parole magiche e i profondi 
          misteri femminili. Fu Lei disegnare la Via della Bellezza e a donare 
          l’istinto della Ricerca. 
          Le genti che la amano le parlano con affetto, le offrono doni e la nutrono; 
          la venerano con i canti e con la narrazione, ma soprattutto con ciò 
          che le è più caro, il Kinaalda a cui avevamo precedentemente 
          accennato. 
          In questo rito, che dura quattro giorni, la fanciulla divenuta donna 
          si trasforma nella Donna che si Rinnova ed accoglie il Suo potere sacro 
          dentro di sé, spargendo benedizioni al popolo che la festeggia 
          con gioia e devozione. Le anziane della tribù la vestono con 
          conchiglie bianche, simbolo della bellezza languida e voluttuosa delle 
          acque e della femminilità, poi, facendola sdraiare con la pancia 
          a contatto con la terra, la massaggiano con mani sapienti. Si crede, 
          infatti, che nei momenti di passaggio e di iniziazione ad una nuova 
          condizione di vita, il corpo ritorni morbido come al momento della nascita 
          e che possa quindi essere “impastato” e “modellato” 
          come fosse fatto d’argilla o di soffice pasta di pane. Così, 
          lo si aiuta ad assumere una nuova forma, quella della donna fertile, 
          in armonia con la trasformazione avvenuta interiormente. 
          Durante il primo e l’ultimo giorno del rito, la ragazza cammina 
          in senso orario intorno ad un cesto pieno di cereali, pigmenti di pittura, 
          polline e piume, considerati sacri elementi del rituale; il quarto giorno 
          viene invece preparato un grande dolce. La fanciulla, insieme ad altre 
          donne, pesta e polverizza il granoturco, facendolo diventare farina, 
          e questa viene benedetta con il sacro polline e poi sparsa circolarmente 
          in direzione del Sole. Quindi vengono presumibilmente uniti altri ingredienti 
          a formare un impasto che viene poi avvolto nei cartocci del granoturco 
          ed interrato. Sopra alla terra umida che ricopre il composto viene acceso 
          un fuoco che per tutta la notte verrà alimentato per cuocere 
          completamente il dolce. 
          Nel frattempo tutti si riuniscono nella capanna della fanciulla ed ella 
          si siede in direzione dell’alba, per accogliere i primi raggi 
          solari e rappresentare il congiungimento amoroso tra la Donna ed il 
          Sole. Tutta la notte viene trascorsa ad intonare i sacri canti che invocano 
          la Donna che si Rinnova, mentre Ella viaggia sulle parole e sulle musiche 
          vibrate nell’aria sino a quando, nel tredicesimo canto, emerge 
          nella fanciulla e la colma della sua essenza. Ora la giovane Donna, 
          completamente identificata nella Dea, canta riferendosi a Lei in prima 
          persona, parla con la sua voce ed è piena della sua consapevolezza. 
          Alcuni dei versi cantati sono questi: 
           
          “Con il mio potere sacro sto viaggiando 
          Dietro la mia casa vengono poste offerte votive di conchiglie 
          bianche stupendamente decorate… 
          con la bellezza davanti a me sto viaggiando 
          con il mio sacro potere sto viaggiando 
          con la bellezza dietro di me sto viaggiando 
          con il mio sacro potere sto viaggiando 
          con la bellezza sotto di me sto viaggiando 
          con il mio sacro potere sto viaggiando 
          con la bellezza sopra di me sto viaggiando 
          con il mio sacro potere sto viaggiando 
          con la lunga vita, ora con la bellezza sempiterna, io vivo. 
          Sto viaggiando 
          Con il mio sacro potere, sto viaggiando… 
          Sono qui; sono la Donna Conchiglia Bianca, sono qui… 
          Sulla distesa di conchiglie bianche, sono qui…” 
           
          La sensazione della presenza della Dea viene avvertita da tutti i presenti 
          e la fanciulla ne percepisce l’Amore universale, la Bellezza immortale 
          che permea ogni cosa presente sulla Terra. Ella è la Donna che 
          si Rinnova, è la Madre che ha generato tutto, è l’amante 
          del Sole. La fulminea Saggezza la riempie ed ella è il Tutto, 
          è la madre di sua madre, la nonna di sua nonna, l’infante 
          e l’anziana. Tutte le fasi della sua vita passata e futura sono 
          presenti in lei e dell’immensa coscienza di quest’unico 
          istante ella preserverà il ricordo per sempre. 
          Al termine dei canti e della cerimonia viene dissotterrato il Dolce 
          della Luna e la fanciulla, sempre rivolta verso il Sole, lo taglia a 
          fette, conservandone la parte centrale. Tutti se ne nutrono, tranne 
          lei, che si limita a distribuirlo alle sue genti. In quel momento, infatti, 
          ella incarna Estsanatlehi che dona ai Suoi figli il Nutrimento. 
          La torta è simbolo del matrimonio tra la terra ed il sole/fuoco, 
          tra il femminile ed il maschile; contiene gli ingredienti che la Madre 
          offre alla Sua progenie ed è una grande benedizione per tutti, 
          poiché la sua consumazione apporta fortuna, prosperità, 
          pace e benessere, al singolo come all’intera tribù. Si 
          potrebbe pensare che, anticamente, uno degli ingredienti segreti del 
          Dolce della Luna fosse qualche goccia di sangue versato dalla giovane 
          donna e che fosse proprio tale ingrediente ciò che, più 
          di tutto, portava benedizione e felicità. 
          Quando tutti hanno consumato la torta, la fanciulla viene dipinta con 
          argilla bianca, che ella usa per segnare la pelle di chi desidera ricevere 
          i suoi divini poteri; poi, viene nuovamente massaggiata dalle anziane, 
          che le danno anche dei consigli sulla sua nuova condizione. 
          Il rituale termina con l’interramento della parte centrale della 
          torta, come offerta e ringraziamento alla Madre Terra, al granoturco 
          e agli altri preziosi alimenti che nutrono e rendono possibile la vita. 
          Anche dopo il termine del rito, la fanciulla rimane la Donna che si 
          Rinnova, poiché per i Navajo ogni donna che ha vissuto il Kinaalda 
          è la Donna che si Rinnova. Il potere e la presenza della Dea 
          non la abbandona mai ed essa è considerata sacra, rispettata 
          ed onorata come si onora il Divino. 
          Tra gli Indiani Apache esiste un rito simile al Kinaalda, sebbene vi 
          siano varie differenze che li distinguono. La fanciulla incarna Estsanatlehi, 
          la Donna che si Rinnova, per tutti e quattro i giorni, ma è interessante 
          notare il mezzo tramite il quale la splendida Dea entra in lei, ovvero 
          la Danza. 
          Il primo giorno, infatti, la giovane danza da sola, liberamente, in 
          piedi sulla pelle di cervo che è il luogo centrale del rito sacro. 
          Con il bastone ornato di oggetti magici ed amuleti, ella batte la terra 
          al ritmo del caldi e profondi colpi dei tamburi, e mentre danza “viaggia” 
          verso un’altra consapevolezza, più alta, più pura. 
          Danzando, la fanciulla e la Donna che si Rinnova si incontrano e si 
          riconoscono come una cosa sola. La fanciulla si lascia pervadere da 
          Lei e dalla loro Unione scaturisce divina benedizione per tutti i popoli. 
         Lasciando 
          per un momento le tradizioni dei Nativi Americani e consultando altre 
          fonti, leggiamo che il sangue mestruale, preziosa essenza naturalmente 
          gradita alla Dea Madre, costituì il primo sacrificio offerto 
          sul Suo altare, sgorgato dal grembo della Sacerdotessa senza dolore 
          e senza l’immolazione di alcun essere vivente. 
          Per il suo grande potere, che apriva certe segrete porte di percezione, 
          si dice che la profetessa dell’oracolo di Delfi, in Grecia, pronunciasse 
          i suoi responsi proprio durante i giorni in cui esso fluiva dal suo 
          ventre.  
           
          In molte culture lo si riteneva una panacea tanto potente da essere 
          in grado di guarire qualsiasi male, anche quelli più gravi, ed 
          il suo potere avrebbe raggiunto l’apice se a spargerlo fosse stata 
          una giovane fanciulla che lo conosceva per la prima volta. Si credeva 
          che questo sangue, versato durante un’eclissi di Luna (la magica 
          “rugiada di Luna”), fosse il più potente e mortifero 
          veleno usato dalle maghe della Tessaglia; ma potrebbe anche darsi che 
          questa concezione fosse già stata contraffatta dai degeneranti 
          ideali patriarcali, poiché una simile sostanza era forse ben 
          più simile ad una benedizione apportatrice di Fortuna e Felicità, 
          piuttosto che ad un motivo di lacerante dolore e morte.  
           
          Con l’avvento del patriarcato, generato dal lento appassire degli 
          antichi ideali armonici, il sangue femminile assunse, infatti, connotazioni 
          profondamente negative e venne chiamato in mille modi terribili. Le 
          donne che prima erano portatrici di Saggezza, riconosciute dagli uomini 
          stessi che le onoravano e le amavano, divennero creature infette da 
          allontanare e maledire, specialmente nel loro “tempo sacro”. 
          Molto fu detto e molto si dice ancora, ma preferiamo evitare di approfondire 
          questo tema perché rovinerebbe la bellezza sinora espressa. L’indigesto 
          frutto dell’ignoranza, infatti, non merita tempo e parole, e rischia 
          sempre di guastare l’intero Raccolto. 
           
           
          Parleremo, invece, di ciò che proprio attraverso la consapevolezza 
          del proprio “Sangue della Luna” le Donne particolarmente 
          fortunate potevano a volte raggiungere dentro loro stesse, ed a questo 
          proposito ci serviremo di un racconto incantevole, trasmesso solo oralmente 
          sino a che una preziosa autrice non decise di raccoglierne per sempre 
          la memoria, mettendolo per iscritto.* Esso appartiene alla tribù 
          indiana Nootka, nell’isola canadese di Vancouver; tribù 
          in cui per molto tempo le donne si isolavano durante il loro “tempo 
          della luna” e trascorrevano alcuni giorni in una capanna chiamata 
          Casa dell’Attesa. Qui sedevano su speciali sedili di muschio e 
          vi lasciavano scorrere il proprio sangue, che in questo modo tornava 
          alla Grande Madre. Quasi tutte le donne avevano insieme il loro tempo 
          della luna e durante quei piacevolissimi giorni esse parlavano e scherzavano 
          e ridevano e condividevano dolcemente quel particolare momento. Se i 
          dolori diventavano molto forti bevevano un tè speciale che li 
          placava e le sorelle aiutavano ad alleviarli ulteriormente massaggiando 
          con amore la schiena. Nessun uomo poteva avvicinarsi alla Casa dell’Attesa, 
          poiché si trattava di un luogo sacro esclusivamente femminile 
          ed essi non avrebbero potuto comprendere ciò che vi succedeva. 
           
          Racconta la leggenda che, molto tempo dopo la scomparsa della Donna 
          Antica, Colei che aveva insegnato tutti i Segreti ed i Misteri alle 
          Donne, le genti cominciarono perdere i suoi insegnamenti e a dimenticarLa. 
          Gli uomini iniziarono a pretendere di comandare e di dare ordini alle 
          loro compagne e queste lasciarono che il germe dell’accondiscendenza 
          crescesse dentro di loro, sconvolgendo quell’equilibrio primario 
          che per secoli aveva generato la perfetta armonia. 
          Allora accadde che un giorno, la giovane Tem Eyos Ki si recasse alla 
          Casa dell’Attesa per trascorrere il suo tempo sacro, lasciando 
          fluire il proprio sangue sul morbido e fresco muschio. Qui vi trascorse 
          più di quattro giorni insieme ad altre donne… 
          “Quando ritornò dalla casa dell’attesa era una donna 
          folgorata dall’illuminazione, una donna colpita dalla meraviglia, 
          una donna scossa dal potere, una donna piena d’amore. Proveniva 
          dalla casa dell’attesa con un’espressione sul viso più 
          potente della magia. Scintille luminose brillavano tra i suoi capelli. 
          Sorrise e cantò un canto che parlava dell’amore che non 
          conosce limiti, dell’amore che non conosce legami, dell’amore 
          che non chiede nulla e nulla si aspetta, ma realizza tutto. Cantò 
          della conoscenza e del credere, del condividere e del dare. Cantò 
          di un luogo così meraviglioso che le menti della gente non potevano 
          nemmeno tentare di immaginare. Un luogo senza collera o paura, un luogo 
          senza solitudine od incompletezza. 
          Camminò attraverso il villaggio cantando il suo canto e le donne 
          la seguirono. Raccolsero i loro bambini, femmine e maschi in egual modo, 
          e seguirono Tem Eyos Ki, lasciando indietro le pentole da cucina ed 
          i telai, lasciando indietro i mariti ed i padri. 
          Tem Eyos Ki camminò oltre il villaggio, lungo le spiagge, verso 
          la foresta. Cantando il suo canto di amore e di meraviglia. E le donne 
          la seguirono.”** 
          Ciò che accadde a Tem Eyos Ki nella capanna dell’attesa 
          è protetto dal segreto e non è dato sapersi. 
           
          Eppure proprio in questa leggenda, che forse è molto più 
          vera di quanto si possa pensare, ritroviamo uno degli antichi frammenti 
          di saggezza perduti, ovvero la certezza che, in certi rari casi, dalla 
          consapevolezza vera e completa del ciclo di sangue e della propria femminilità 
          sacra, poteva scaturire l’Illuminazione e la ricongiunzione con 
          la Dea Madre in tutta la Sua essenza, ovvero il meraviglioso ritrovamento 
          di Lei nel proprio interno. 
          Si dice che ogni antica leggenda racchiuda in sé un insegnamento 
          altrettanto antico, attingibile in ogni tempo ed in ogni luogo esistente. 
          Forse una di queste leggende è proprio quella della lucente Tem 
          Eyos Ki, che è in grado di parlare ancora alle donne, di cantare 
          per loro, di chiamarle a seguirla, abbandonando ed oltrepassando la 
          banale cortina di comune quotidianità per posare lo sguardo nell’Oltre. 
          E forse uno dei modi per fare questo passo è prendere consapevolezza 
          dei propri cicli e della propria sacralità femminile che nessun 
          mortale o falso dio può deturpare o  
          cancellare. 
           
          Isolarsi in una propria sfera magica, separata dal mondo esterno, con 
          i suoi ritmi fittizi e le sue vitree illusioni, ricercando i lembi del 
          sentiero della Bellezza, potrebbe costituire il primo passo verso la 
          Bellezza stessa. 
           
          Armonizzarsi con i veri tempi lunari e terrestri, danzare e cantare 
          i loro ritmi, amare il proprio flusso di sangue ed il proprio splendido 
          corpo, potrebbe ricreare l’antica sintonia istintiva con la Natura 
          e con la Dea Antica che irradia Amore ultraterreno. 
          Versare il proprio sangue sulla terra muschiata forse farebbe sorgere 
          la percezione di un cerchio che si chiude, di un’offerta che ritorna 
          alla propria stessa origine. 
           
          Osservare, scoprire ed ascoltare sono forse gli insegnamenti più 
          veri che la Donna che si Rinnova potrebbe donare, ricordando che tutto 
          ciò che c’è bisogno di conoscere è già 
          presente nella meravigliosa Donna, sin dalla sua nascita. 
          
  
        
 
          ___________________________________________________________________________ 
         
        * Articolo di Violet. tratto da Il 
          tempio della Ninfa e, pubblicato su www.ilcerchiodellaluna.it 
          nell'ottobre 2008 
          Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso scritto dell'autrice 
          e senza citare la fonte. 
           
         
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           Per 
          entrare in connessione con le energie sacre del nostro ciclo mestruale, 
           
          il Cerchio della Luna propone: 
          a Milano un gruppo di incontri 
          sul femminile, la luna e il ciclo. 
          In tutta Italia, seminari 
          su Luna e Ciclo 
           
           
           
         
        _________________________________________ 
          Note: 
          *Anne Cameron in Le Figlie della Donna di Rame 
          **Cfr. Anne Cameron, Le Figlie della Donna di Rame, Edizioni della Terra 
          di Mezzo, Milano, 2000, pp. 56-57 
          
        ___________________________________________________________________________ 
           
          Fonti: 
          Le Figlie della Donna di Rame, Anne Cameron. Edizioni della Terra di 
          Mezzo, Milano, 2000 
          Prima di Eva. Viaggio alle origini dell’Eros. E un dialogo sull’enigma 
          della bellezza con Lella Ravasi Belloccio, Luisella Veroli. Associazione 
          Culturale Melusine, Edizioni La vita felice, Milano, 2000 
          Baubo, la vulve mythique, G. Devereux. Ed j. C. Godefroy, Paris, 1983 
          Oscure Madri Splendenti, Luciana Percovich. Edizioni Venexia, 2007 
          La Dea, Shahrukh Husain, EDT, Torino, 1999 
          Il risveglio della Dea, Vicki Noble. Tea, Milano, 1998 
          Il corpo della Dea, Selene Ballerini. Atanòr, Roma, 2003 
          Il linguaggio segreto della Danza del Ventre, Maria Strova. Macroedizioni, 
          2005 
          L’iniziazione femminile nella mitologia greca, Ken Dowden. ECIG, 
          Genova, 2003 
          Le Vergini arcaiche, Leda Bearné. Edizioni della Terra di Mezzo, 
          Milano, 2006 
          Le donne, la vulva e le loro magie, Selene Ballerini, in La magia della 
          sessualità, a cura di Mariano Bianca. Atanòr, Roma, 2000 
          Figure di donna nei miti e nelle leggende, Patricia Monaghan. Edizioni 
          Red, Milano, 2004 
          The People Called Apache, Thomas E. Mails, New York, Promontory Press, 
          1981 
          Sesso libero ma dalla mente, AA. VV. Jubal Editore, 2005 
          L’Isola Incantata delle Figlie della Luna 
          Il ciclo mestruale: sangue e magia, di Sunita 
           https://www.auraweb.it/articolo_benavere.asp?cid=9&aid=727 
           https://www.viator.it/HTML/donna.htm 
           https://www.terranauta.it/article_det.php?id=1719 
           https://www.orgsites.com/fl/daughters/_pgg3.php3 
           https://shaylae.com/kinaalda.htm 
           https://www.firstpeople.us/FP-Html-Legends/Changing_Woman-Navajo.html 
           
          __________________________________________________________  
          Immagini: 
          Venus, di Susan Seddon-Boulet 
          Kali in una scultura del XVII° secolo 
          Cerimonia Navajo 
          Sibilla la profetessa 
           
           
           
           
           
           
           
          
          
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