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Femminile
Parole e versi che ci hanno ispirato nel mondo del femminile
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LA SACRALITA' DELLA GRAVIDANZA E DEL PARTO Non c'è evento nella mia vita, che sia eguagliabile per intensità, portata di significati nuovi, sensazioni mai provate, riflessioni profonde e consapevolezza, al mio primo parto. Credo sia un'esperienza diversa per ogni donna, e ciascuna ha il diritto di affrontarlo come più ritiene giusto per sè. Lo voglio specificare, nel caso qualcuna si possa sentire offesa dalla mia attribuzione di significati a questo evento, nonchè dalle mie scelte su come viverlo. Io qui voglio parlare dei miei fili. Certo nel mio lavoro su/con la ruota dell'anno, ho incontrato l'aspetto della Madre, a cui avevo dato voce sino a questo momento in modo diverso dalla maternità fisica. Ho sempre saputo ripetere teoricamente le qualità energetiche di questo aspetto del Sacro Femminino, di Dea, mi sono trovata a invocarla in cerimonie, a trattarne nei miei "compiti per casa", a osservarla nella natura e nei miei progetti. E poi è successo. E tutto quanto avevo letto, studiato, ascoltato, mi sono trovata a viverlo in me, con la portata di un torrente in piena, e questo torrente ha scavato il suo corso in modo indelebile. La nostra cultura "salta un giro": quando si pensa alla maternità sacra, scommetto che è questo ciò che tutti vedono: Da donna dico: questo è dopo! Moooolto dopo! Tagliare fuori dalla sacralità questa esperienza, saltarla a piè pari, significa operare una grossolana amputazione. Ci sono molte teorie sul perchè di questa amputazione. Non credo che l'interpretazione di certi versi biblici abbiano aiutato. Se il parto diventa una punizione (primo caso), o un dovere nei confronti dell'istituzione famiglia (secondo caso), allora mi pare di capire perchè il movimento femminista abbia rigettato l'esperienza. Anche rispetto alla sacralità, la donna diviene nel Cristianesimo mero contenitore del divino, un... forno. Un canale attraverso cui dare alla luce Dio. Non è più lei sacra, lei in quanto piena, nella sua autonomia, come la Luna, gravida, portatrice di un mistero che la rende non più "una", ma due e una assieme, testimone vivente dell'unità primigenia, miracolosamente ricomposta e potente (farò un post, prima o poi, sull'unità primigenia.. struggente nostalgia nell'essere umano che la ricerca, fisicamente o ritualmente, di continuo). I miti cosmogonici di creazione "curiosamente" registrano questo passaggio di testimone, dalla madre al figlio divino.. per approfondire consiglio appassionatamente il testo di Luciana Percovich "Colei che da la vita, colei che da la forma". E' solo grazie al mio percorso, che questi significati si sono accesi in me. Ho potuto goderne, sentirne la presenza, capire.....capire dal profondo. E mentre il mio corpo cambiava, riportandomi ricordi di specchi adolescenziali, la sacerdotessa in me parlava di un percorso di nascita con fiducia, mentre il mio fragile aspetto sociale soffriva per i pressochè unanimi pareri contrari, svilenti; voci che riportavano echi di terrore di storie tremende accadute in parti altrettanto tremendi. Ciò veniva tanto dalle donne della mia famiglia, verso il cui atteggiamento provavo delusione e dalle quali desideravo appoggio, e anche dagli uomini (a parte il mio splendido marito), verso il cui atteggiamento provavo rabbia e dai quali mi aspettavo.... che si facessero gli affari loro nel mio diritto di riscoprire la potenza del mio corpo, così tanto a lungo ignorata. Si, mi sono sentita (e per quanto riguarda educazione e allattamento -ancora mi sento) invasa. Interessanti emozioni. Con radici, secondo me, molto ma molto profonde..... E l'essere che mi abitava si nutriva di me mentre io mi nutrivo della limpidezza e pulizia della sua energia vitale; non è alla stregua di un "parassita", metafora usata dalla scienza. Avviene uno scambio. Ma assieme alla creazione, c'è anche la distruzione. E assieme ai pensieri di vita, comparivano via via, profondi e intensi, i pensieri (o i sogni) di morte. Morte.
Cancello. Soglia. Decido di andare avanti. I messaggi mi sembrano chiari, e pianifico l'esperienza che, a parer mio, più di tutte mi avrebbe permesso di vivere la sacralità del momento: il parto in casa. Nella speranza che il progetto sia condiviso anche dalla mia piccola in grembo, cosa che non sempre è scontata. Nel parto, si decide in due. Si vive in due. Le prime doglie, leggere e vivibili, mi portano in uno stato di beata attesa, comunicandomi che il processo si era avviato. Non più timore della morte. Invece, una strana consapevolezza che sa che "è di là che si passa, che il momento è giunto". Incredibile. Mi commuove. Non lo sapevo, che il mio corpo sapesse! Infastidita dai violenti botti di Capodanno, che mi destano dal mio viaggio, assaporo la forza violenta delle contrazioni efficaci. Il mio adorabile marito chiama la mia sacerdotessa Cristina, ostetrica formidabile, che assieme alla sacerdotessa-doula Laura rinforzeranno la voce della sacerdotessa in me, dinanzi ai momenti in cui ho titubato, in cui ho temuto di non essere più capace, di non farcela. Selvaggia. Si contorce il mio stomaco una, due, tre volte. Non ce la faccio, sono stremata. Ce la faccio, sono potente. Mio marito, impagabile alleato, aiuta a sopportare la pressione delle spinte premendo con forza la parte bassa della mia schiena. Che forza e che aiuto possono portare gli uomini sensibili e gilanici! E divento Dea. Riprendo la mia potenza selvaggia con una forza e una voce che non ho mai saputo o creduto di avere. Ben in contrasto, con l'idea culturale della donna debole e indifesa. Poco dopo, la placenta, bellissima, ormai inutile, per la quale provo una sorta di venerazione. Non avrei potuto provare un parto più adatto a me di questo. Quanti modi ci sono, per studiare Dea. Credo che su questo si basassero molti degli antichi misteri femminili. Il vivere un aspetto di Dea, quando era il proprio momento di viverlo. Lo scrissi sul mio diario di viaggio a Creta, dopo aver visitato con stupore l'incredibile grotta di Ilizia (Eileithyia), luogo di iniziazione misterica per e da chissà quanti secoli... E' l'immanenza del divino in ciascuno di noi. Siamo nella cultura che ha chiuso la maternità in gabbia. La fredda presunta razionalità del positivismo, vecchio o attuale, che con arroganza guarda con sospetto a ciò che rappresenta la mia più intima verità. A ciò che sento dal profondo come "la mia natura". Una antica leggenda aborigena narra che nel tempo di sogno, gli oggetti sacri e il didjeridoo erano custoditi dalle donne. Eccovi il mio parto, grosso evento verso la riconquista della mia borsa sacra............ *Testo di Laura Ghianda ( https://lauraghianda.blogspot.it/)
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