Femminile
Parole e versi che ci hanno ispirato nel mondo del femminile


LA SACRALITA' DELLA GRAVIDANZA E DEL PARTO
di Laura Ghianda*

Non c'è evento nella mia vita, che sia eguagliabile per intensità, portata di significati nuovi, sensazioni mai provate, riflessioni profonde e consapevolezza, al mio primo parto.

Credo sia un'esperienza diversa per ogni donna, e ciascuna ha il diritto di affrontarlo come più ritiene giusto per sè. Lo voglio specificare, nel caso qualcuna si possa sentire offesa dalla mia attribuzione di significati a questo evento, nonchè dalle mie scelte su come viverlo.
Non so se è solo in Italia, ma qui particolarmente il "diverso da me" equivale a "nemico", invece probabillmente è solo che ciascuna ha una strada in cui cammina, si trova in un momento particolare nella sua evoluzione, deve tessere alcuni fili -o tralasciarne altri- per apportare il suo contributo al Grande Ricamo che è l'universo intero.

Io qui voglio parlare dei miei fili.
Sono arrivata alla mia gravidanza, dal punto di vista temporale, dopo aver comunque iniziato un mio personale percorso alla ricerca del Sacro Femminino.
Non lo sapevo, se avessi poi mai affrontato l'esperienza di metter al mondo un figlio.

Certo nel mio lavoro su/con la ruota dell'anno, ho incontrato l'aspetto della Madre, a cui avevo dato voce sino a questo momento in modo diverso dalla maternità fisica. Ho sempre saputo ripetere teoricamente le qualità energetiche di questo aspetto del Sacro Femminino, di Dea, mi sono trovata a invocarla in cerimonie, a trattarne nei miei "compiti per casa", a osservarla nella natura e nei miei progetti.

E poi è successo. E tutto quanto avevo letto, studiato, ascoltato, mi sono trovata a viverlo in me, con la portata di un torrente in piena, e questo torrente ha scavato il suo corso in modo indelebile.
Quelle che prima erano intuizioni e parole, si sono tramutate in pura consapevolezza della sacralità di questa esperienza.

La nostra cultura "salta un giro": quando si pensa alla maternità sacra, scommetto che è questo ciò che tutti vedono:


Da donna dico: questo è dopo! Moooolto dopo!
Prima c'è questo:



Tagliare fuori dalla sacralità questa esperienza, saltarla a piè pari, significa operare una grossolana amputazione.
Significa omettere una serie di forti significati ai quali pare che almeno i nostri antenati, invece, dessero grossa importanza.

Ci sono molte teorie sul perchè di questa amputazione.
Di sicuro, la conseguenza nella nostra attuale cultura è un parto ancora a volte troppo medicalizzato, una minor autostima nelle donne, un corpo vissuto solo negli aspetti erotici di questo, la convinzione di non esser in grado di partorire fisiologicamente o peggio, la totale ignoranza sul fatto che il parto abbia una dimensione fisiologica e non solo patologica....... e giù pratiche per "far partorire", talvolta davvero abominevoli come l'episiotomia di routine, mio maggior spauracchio dall'infanzia.
Per me, è sempre stata una vera e propria mutilazione genitale femminile.

Non credo che l'interpretazione di certi versi biblici abbiano aiutato.
"Alla donna disse: i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli." Genesi, cap. 3
E nemmeno il ruolo culturale attribuito alla donna in famiglia, che si è trasformato in.....moglielavoratricemadredonnadellepulizieamantecuoca ecc., credo sia stato molto d'aiuto.

Se il parto diventa una punizione (primo caso), o un dovere nei confronti dell'istituzione famiglia (secondo caso), allora mi pare di capire perchè il movimento femminista abbia rigettato l'esperienza.

Anche rispetto alla sacralità, la donna diviene nel Cristianesimo mero contenitore del divino, un... forno. Un canale attraverso cui dare alla luce Dio.

Non è più lei sacra, lei in quanto piena, nella sua autonomia, come la Luna, gravida, portatrice di un mistero che la rende non più "una", ma due e una assieme, testimone vivente dell'unità primigenia, miracolosamente ricomposta e potente (farò un post, prima o poi, sull'unità primigenia.. struggente nostalgia nell'essere umano che la ricerca, fisicamente o ritualmente, di continuo).

I miti cosmogonici di creazione "curiosamente" registrano questo passaggio di testimone, dalla madre al figlio divino.. per approfondire consiglio appassionatamente il testo di Luciana Percovich "Colei che da la vita, colei che da la forma".

E' solo grazie al mio percorso, che questi significati si sono accesi in me. Ho potuto goderne, sentirne la presenza, capire.....capire dal profondo.

E mentre il mio corpo cambiava, riportandomi ricordi di specchi adolescenziali, la sacerdotessa in me parlava di un percorso di nascita con fiducia, mentre il mio fragile aspetto sociale soffriva per i pressochè unanimi pareri contrari, svilenti; voci che riportavano echi di terrore di storie tremende accadute in parti altrettanto tremendi. Ciò veniva tanto dalle donne della mia famiglia, verso il cui atteggiamento provavo delusione e dalle quali desideravo appoggio, e anche dagli uomini (a parte il mio splendido marito), verso il cui atteggiamento provavo rabbia e dai quali mi aspettavo.... che si facessero gli affari loro nel mio diritto di riscoprire la potenza del mio corpo, così tanto a lungo ignorata. Si, mi sono sentita (e per quanto riguarda educazione e allattamento -ancora mi sento) invasa.

Interessanti emozioni. Con radici, secondo me, molto ma molto profonde.....

E l'essere che mi abitava si nutriva di me mentre io mi nutrivo della limpidezza e pulizia della sua energia vitale; non è alla stregua di un "parassita", metafora usata dalla scienza. Avviene uno scambio.
Io tutto intorno a un'altra vita, che è parte di me e al contempo è diversa da me; i piatti della bilancia finalmente in equilibrio, la sensazione è di quelle non spiegabili con le parole, e non dimenticabili per nessuna ragione.

Ma assieme alla creazione, c'è anche la distruzione. E assieme ai pensieri di vita, comparivano via via, profondi e intensi, i pensieri (o i sogni) di morte.
"Esperienza comune", mi diceva uno psicologo, ma mai raccontata dalle altre donne nella mia vita.

Morte.
Il momento del travaglio e della nascita si colora anche di questo aspetto.
E la splendida Sheela Na Gig mi si manifesta in tutto il suo significato simbolico, di Dea della soglia, guardiana del cancello tra i mondi, sorgente di vita e di morte insieme.

 

      



Mi procuro una sua statuetta, da tenere in camera fino almeno a nascita avvenuta.
E ogni sera mi addormento in contemplazione.
Morte.
Morte di colei che sono stata sino ad ora, morte delle mie relazioni, come le ho conosciute.
Morte come possibilità, per quanto remota, insita nel dare alla luce. Mia, o della mia bimba.
Morte come evento da considerare nel mio avvenire. Cessa il mio essere ragazza, col diventare madre la giovinezza si stacca da me per esser natura della mia cucciola. Non più un mondo di infinite possibilità dinanzi a me e non più quella sensazione di essere "immortale". Sento chiaro la mia mortalità, e capisco che il tempo a mia disposizione d'ora in avanti sarebbe stato considerato....alla luce di questa ritrovata consapevolezza.
Sentivo con strana e lucida certezza, che al momento del parto sarei morta. In qualche modo. E con queste emozioni, vivevo l'attesa.

Cancello. Soglia.
Io divento soglia, scelta da un'anima per il suo incarnarsi in questo mondo.
Divento cancello, connetto due mondi. Entrambi i mondi sono nella mia natura. Io, donna, guardiana della soglia.
E partorirò una bambina, la mia maternità, la paternità di mio marito. Non più solo figlia, ora anche madre.
Soglia come iniziazione.
Il parto, come iniziazione...

Decido di andare avanti. I messaggi mi sembrano chiari, e pianifico l'esperienza che, a parer mio, più di tutte mi avrebbe permesso di vivere la sacralità del momento: il parto in casa. Nella speranza che il progetto sia condiviso anche dalla mia piccola in grembo, cosa che non sempre è scontata. Nel parto, si decide in due. Si vive in due.

Le prime doglie, leggere e vivibili, mi portano in uno stato di beata attesa, comunicandomi che il processo si era avviato. Non più timore della morte. Invece, una strana consapevolezza che sa che "è di là che si passa, che il momento è giunto".
Medito, viaggio e ascolto. All'Isola di Avalon, così tanto esplorata nel precedente anno, mi accolgono festose le sacerdotesse dei tempi antichi, competenti nell'arte della maieutica, mostrandomi anfratti e polle che ancora non avevo scorto. Mi cullano i loro canti di sirene.
Acqua, tanta acqua. Sono nella vasca, ma sono nella polla di un mondo altro.
Il mio corpo sa.

Incredibile. Mi commuove. Non lo sapevo, che il mio corpo sapesse!
Non lo vedrò mai più come prima. Forse lo rispetterò di più?

Infastidita dai violenti botti di Capodanno, che mi destano dal mio viaggio, assaporo la forza violenta delle contrazioni efficaci.
Eccola, Sheela, mi osserva un pò beffarda, un pò amiccante. "Diventa me", mi suggerisce.
Mi apro, il mio corpo si apre, il cancello si apre.
Il dolore è selvaggio, ritmico, lo seguo.
E' una cosa importante. Un compito importante. Questo dolore sembra svegliarmi con forza dal torpore di secoli di dimenticanza, sembra tanto forte quanto serve a portare alla mia coscienza la forza della mia natura.
"Svegliati, sei questo".
Ha un senso. Non è una punizione. Non è inutile. Mi pare che abbia incredibilmente senso. Deve essere una mente androcentrica e patriarcale, che ha dato alle doglie il significato di castigo divino. Una bella trovata efficace, non c'è che dire....il senso lo capisco solo provandole. Prima non immaginavo. Non immaginavo.

Il mio adorabile marito chiama la mia sacerdotessa Cristina, ostetrica formidabile, che assieme alla sacerdotessa-doula Laura rinforzeranno la voce della sacerdotessa in me, dinanzi ai momenti in cui ho titubato, in cui ho temuto di non essere più capace, di non farcela.


Selvaggia.
Questa, l'energia che si liberava da me.
Contrazioni a volte senza pausa, scossoni tellurici dalle viscere del mio corpo, io, madre antica, connessa alle madri di sempre. Le sento tutte, mi vengono i brividi, sono in me. Io, Madre Terra.
Le altre donne mie sorelle, le altre mammifere, mie sorelle. Umane e animali assieme.

Si contorce il mio stomaco una, due, tre volte.
Vomito la polvere che copriva la mia luminosità.

Non ce la faccio, sono stremata. Ce la faccio, sono potente.
Lotto.
Gradualmente arrivano le spinte.
Qualcosa accade alla mia schiena.
Un brivido netto, mi sale con forza sino al cervello, mi risuona sin nella testa. Si accende, come una luce, si, la mia schiena è luminosa.
Se esiste una Kundalini, eccola, si srotola. Da vita a qualcosa.

Mio marito, impagabile alleato, aiuta a sopportare la pressione delle spinte premendo con forza la parte bassa della mia schiena. Che forza e che aiuto possono portare gli uomini sensibili e gilanici!

E divento Dea. Riprendo la mia potenza selvaggia con una forza e una voce che non ho mai saputo o creduto di avere. Ben in contrasto, con l'idea culturale della donna debole e indifesa.
A volte crollo, non ce la faccio. Le spinte durano un'eternità, vedo l'ora e mi scoraggio.
Ce la fai.
Scatta il brivido, ritorna la forza.
Spingo e urlo per lasciarmi attraversare. La guardiana della soglia deve aprire il suo cancello.
Due ore. E si vede la testa, proprio quando mi sembra di voler mollare.
Mezz'ora ancora, la sento, passa, CHE VOCE HO! e sguscia poi in un attimo fuori una creatura, il mondo cambia all'improvviso.

Poco dopo, la placenta, bellissima, ormai inutile, per la quale provo una sorta di venerazione.
Il cancello, poco a poco, si richiude. Pulsa il cordone, che non separerò dalla creaturina, almeno per un altro pò.

Non avrei potuto provare un parto più adatto a me di questo.
L'esperienza più incredibile che abbia mai vissuto. Il dolore ripagato, per quanto in me ha guarito.
Il mio corpo ora mio complice. Ora mio. Non più involucro da stressare in forme innaturali, da considerare solo nell'estetica di presunti "difetti".
Restituire il parto sacro alle donne, potrebbe forse portare un rapporto più sereno con il corpo? Una drastica discesa dei profitti del mercato di creme e cremine anticellulite, diete svariate, prodotti dietetici?

Quanti modi ci sono, per studiare Dea.
Ci sono i libri, ci sono strumenti cerimoniali e rituali. Ci sono incontri, seminari, dibattiti.
Meditazioni, viaggi, sogni.
E c'è il proprio corpo.
Le esperienze di vita.
Credo che le antiche religioni, specie quelle cosiddette "della Madre", siano state esperienziali.
Che ci fosse un bisogno di chiunque di "vivere" la sacralità, e vivere quindi la propria religione in modo totalmente attivo.

Credo che su questo si basassero molti degli antichi misteri femminili. Il vivere un aspetto di Dea, quando era il proprio momento di viverlo. Lo scrissi sul mio diario di viaggio a Creta, dopo aver visitato con stupore l'incredibile grotta di Ilizia (Eileithyia), luogo di iniziazione misterica per e da chissà quanti secoli...
A questo momento iniziatico, lego il concetto di conoscenza/segreto. Semplicemente, non si può davvero sapere finchè non lo si sperimenta da sè. Un'iniziazione vera e propria. Un marchio temporale oltre il quale nulla sarà come prima.
La perdita di questa connessione, di questa dimensione esperienziale, è diventata la perdita di una caratteristica dell'umano, che inevitabilmente cerca altro per colmarne il vuoto, viaggiatore senza bussola nè traccia.

E' l'immanenza del divino in ciascuno di noi.

Siamo nella cultura che ha chiuso la maternità in gabbia.
Disciplinato uno dei pochi istinti ancora rimasti in noi, così come si vuol disciplinare la potenza della Natura attraverso OGM, geoingegneria, clonazione. E ancora una volta non posso fare a meno di sentirmi connessa alla Terra, e al suo destino. Madre, Sorella, partecipo della sua natura.
Un parto che non più ci appartiene, un allattamento che non più ci appartiene, un accudimento del nostro cucciolo, che non più ci appartiene ma che deve essere regolato da teorie pseudoscientifiche, esperti che ne sanno di più, che scherniscono ogni nostro tentativo di ribellione attraverso etichette quali "frichettona, hippy, egoista, pazza, incosciente", e la lista potrebbe continuare.

La fredda presunta razionalità del positivismo, vecchio o attuale, che con arroganza guarda con sospetto a ciò che rappresenta la mia più intima verità. A ciò che sento dal profondo come "la mia natura".

Una antica leggenda aborigena narra che nel tempo di sogno, gli oggetti sacri e il didjeridoo erano custoditi dalle donne.
Ma un giorno di questo tempo, i fratelli maschi, invidiosi di tale privilegio, sottrassero con l'inganno la borsa con gli oggetti sacri e il prezioso didjeridoo, che da allora rimasero prerogativa maschile.

Eccovi il mio parto, grosso evento verso la riconquista della mia borsa sacra............

*Testo di Laura Ghianda ( https://lauraghianda.blogspot.it/)
Testo inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it nel gennaio 2014

 

 

 

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